Il destino di Adeba Shaker sarebbe probabilmente stato diverso senza quella telefonata.
Da venti giorni era nelle mani di alcuni miliziani dell’Isis, che l’avevano rapita dal piccolo villaggio nel nordest dell’Iraq dove viveva con la famiglia appartenente alla minoranza religiosa degli yazidi. Adeba ha 14 anni e volevano costringerla a convertirsi e darla in sposa ai jihadisti al fronte. Un regalo sessuale.
Erano da poco arrivati in una casa di Raabia, cittadina irachena in prossimità del confine con la Siria, quando uno di dei suoi rapitori ricevette una chiamata.
Pochi istanti dopo, i cinque uomini armati che la tenevano prigioniera si precipitarono fuori, lasciandola sola con un’altra prigioniera. Per la prima volta in venti giorni, le due ragazze si trovavano sole senza armi puntate addosso e la porta non era chiusa a chiave.
“Quando i militanti ci hanno lasciato sono stata presa dal panico, non sapevo cosa fare. Ho visto una borsa piena di telefoni cellulari e ho chiamato mio fratello,” ha detto Adeba Shaker alla reporter italiana Benedetta Argentieri, che racconta la sua storia su Reuters.
Suo fratello Samir le ha suggerito di andare in una casa vicina e chiedere indicazioni per raggiungere il confine dove i combattenti del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) combattevano contro i militanti dello Stato islamico. Lì avrebbe trovato la salvezza.
Adeba e la sua compagna hanno sfidato la sorte, andando a bussare alla porta di una casa vicina, e sono riuscite a ottenere le indicazioni. “Non riuscivo a camminare dritto, mi tremavano le gambe e il mio cuore batteva così veloce”, ha raccontato Adeba. “Abbiamo corso e camminato senza mai guardarci indietro”.
Dopo due ore di cammino verso il confine hanno sentito degli spari. Avvicinandosi, hanno visto un gruppo di combattenti del Pkk e hanno cominciato a correre verso di loro. “Stavo piangendo e ridendo allo stesso tempo. Eravamo libere.”
“Adeba Shaker è una delle poche yazide a essere sfuggite ai militanti dello Stato islamico, che ha conquistato ampie fasce di territorio in Iraq e Siria negli ultimi mesi”, scrive Benedetta Argentieri.
“Decine di migliaia di yazidi hanno lasciato la loro antica patria di Sinjar e gli altri villaggi per sfuggire alla spinta drammatica dai militanti sunniti, che li considerano come adoratori del diavolo che devono abbracciare la versione radicale dell’Islam fornita dall’Isis o morire”.
Solo nel villaggio di Adeba, i militanti hanno rapito almeno 73 donne e bambini e li hanno deportati verso il nord dell’Iraq.
Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) sono almeno 300 le donne yazide rapite. Alcune di loro vengono stuprate dal comandante, prima di essere passate ai combattenti. Dopo possono essere vendute per cifre irrisorie. Altre, come Adeba, devono invece andare in sposa ai militanti.
Adeba è ora al sicuro in un campo per sfollati in Iraq, dove si è riunita con due dei suoi fratelli. Ma non conosce ancora la sorte di altri 22 parenti che sono nelle mani dello Stato islamico. “So che sono stata fortunata, Dio mi ha salvata”, racconta.
“Escaping Death in Northern Iraq” – Un video del New York Times racconta la storia di un uomo sopravvissuto per miracolo al massacro di soldati da parte dell’Isis. Ha fatto finta di esser morto, é rimasto tra i cadaveri per quattro ore. Poi è scappato.