La modernità di Benedetto XVI
“Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, psicologicamente e mentalmente di svolgere l’incarico affidatogli, allora ha il diritto e in alcune circostanze anche il dovere di dimettersi”. Così il Papa nel libro intervista con Peter Seewald, “Luce del mondo”, aveva in qualche modo già arato il campo della storia a questa semina.
Questa rinuncia, questa “abdicazione” è il frutto di una profonda riflessione di un teologo che in tutti i modi ha tentato di evitare di diventare Papa, per fare lo studioso. Tuttavia non è nemmeno una rinuncia dettata dalla paura, semmai è il contrario. Ratzinger – come ci dovremo abituare a chiamarlo di nuovo – ha deciso che il modo migliore per servire la Chiesa fosse quello di non tenerla prigioniera di un unica opzione. Il magistero di Giovanni Paolo II sembrava aver decretato in modo definitivo che un Papa doveva morire come tale, una scelta di grande potenza evocativa, che simboleggiava il mantenere sulla propria spalla la croce di Cristo.
Ma cosa succede se un Pontefice (che è anche un uomo e spesso un uomo non giovanissimo) ritiene di non essere più in grado di servire la più grande istituzione religiosa mondiale? Come può sottrarsi per permettere alla Chiesa stessa di trovare un nuovo nocchiero? La norma canonica è chiara: “Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti” (n. 332 §2) e permette al Vescovo di Roma (la dignità pontificia è un ufficio legato al fatto di essere sulla cattedra vescovile dell’Urbe) di aprire a una nuova fase liberamente, rimarcando così il suo ruolo e la sua vocazione di Sovrano “assoluto”.
Coraggioso questo Papa, dunque, che ha affrontato la sfida della piaga dei preti pedofili, lo scandalo del “corvo”, la modernità della Rete aprendo ai social network con passione e visione profetica e che ora scrive una nuova pagina di magistero per permettere al suo successore di avere la piena libertà di agire secondo le proprie caratteristiche. Potrà – superato un certo tempo – proseguire o dimettersi, senza sentirsi prigioniero dell’una o dell’altra opzione.
Ricorderemo questo momento come una cesura fondamentale della storia della Chiesa e Benedetto XVI come un protagonista silenzioso ma incisivo. Per il toto successore c’è tempo…
LA LETTERA: Benedetto XVI annuncia la sua rinuncia al ministero petrino
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