Chiusa in una stanza di dieci metri quadrati a Gaza, con una sola finestra e un’unica lampadina a illuminare il tutto, l’artista palestinese Nidaa Badwan, di 27 anni, ha contemplato il suicidio per due mesi.
Non voleva vedere la morte, la distruzione e la disperazione di Gaza, anche se continuava a sentirla. Si rifiutava di mangiare, prendeva pillole per l’ansia, dormiva per terra e piangeva continuamente.
Il 18 novembre 2013 era stata fermata dalla polizia di Hamas mentre lavorava su un progetto artistico con altri giovani palestinesi. Perché era insieme a uomini? Perché indossava una salopette di jeans invece del più tradizionale abito islamico?
“Sono un’artista,” aveva risposto. L’hanno picchiata.
Alienata dalle restrizioni religiose imposte da Hamas e dalla situazione di conflitto perenne con Israele, Nidaa non ha lasciato la sua stanza per più di un anno.
“Lentamente ho cominciato ad amare l’isolamento,” racconta Nidaa al New York Times. “Non era una malattia. Mi stava guarendo.”
Con la sua Canon EOS 600D, Nidaa ha cominciato a fotografarsi, creando diversi scenari all’interno della sua stanza. “L’artista ha bisogno di uno spazio infinito per sperimentare le sue idee, altrimenti rischia di esplodere,” ha detto.
La piccola stanza di Nidaa si è rivelata essere lo spazio infinito di cui aveva bisogno. Si sente di avere più libertà all’interno di questi dieci metri quadrati che fuori.
È così che nasce il progetto 100 giorni di solitudine, il cui titolo simbolico è un omaggio al celebre romanzo dello scrittore colombiano Gabriel García Márquez.
La sua stanza, una parete dipinta di acquamarina e un’altra ricoperta da un patchwork di cartoni per le uova colorati, non è solo il suo studio, ma anche lo sfondo di 14 dei suoi autoritratti esposti al pubblico nella galleria di Al Hoash a Gerusalemme fino al 5 marzo.
Per produrre queste fotografie che sembrano dipinti, Nidaa aspetta la luce giusta, a volte anche per settimane o un mese. Non sembra essere preoccupata del tempo che passa in isolamento.
“Tutto è bellissimo, ma solo nella mia stanza. Non a Gaza,” ha confessato. “Sono pronta a morire in questa stanza se non trovo un posto migliore.”