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    La memoria transattiva

    La conoscenza si compone oggi di quello che ci dicono macchine e fonti esterne. Ma per la nostra memoria non è una novità

    Di Gualtiero Sanfilippo
    Pubblicato il 25 Set. 2013 alle 16:42 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:06

    Non è vero che le macchine stanno sciogliendo la nostra capacità di ricordare: la verità è che noi, come un motore di ricerca, siamo sempre stati capaci di ricordare, elaborare dati e scavare nel profondo della nostra memoria attraverso le altre persone. E così facciamo oggi con le macchine.

    Questa è solo parte della tesi elaborata e spiegata nel libro di Clive Thompson, “Smarter Than You Think: How Technology Is Changing Our Minds for the Better”. Per Thompson la memoria transattiva non è altro che l’antica arte di memorizzazione delle informazioni che ci danno le persone intorno a noi, le quali ci forniscono dei tasselli per un mosaico che non potremmo realizzare da soli: parenti, amici e compagni completano la nostra memoria imperfetta. Ognuno di noi è più ferrato in qualcosa: il baseball, il calcio, il cinema o la medicina. Ecco, noi siamo punti di riferimento per gli altri nel nostro ambito di specialità e viceversa.

    Secondo Thompson, per questo motivo, abbiamo iniziato a trattare le persone intorno a noi come adesso utilizziamo gli smartphone o Google: come dispositivi a portata di mano che usiamo per compensare la nostra incapacità di ricordare alcuni dettagli, soprattutto quelli che non ci entusiasmano.

    Siamo bravi a mantenere e a fissare il senso delle informazioni che incontriamo, ma i nostri cervelli sono davvero terribili nel ricordare i minimi dettagli che spesso ci sfuggono.

    Uno studio del 1990 condotto dallo psicologo Walter Kintsch ha dimostrato come dopo quattro giorni, i nostri ricordi si perdano o quantomeno inizino a dissolversi nel nostro cervello perdendo la forma originale.

    Lo psicologo di Harvard Daniel Wegner ha iniziato a esplorare sistematicamente la memoria transattiva negli anni ’80 e ha notato che i coniugi spesso dividono compiti per memoria.

    Il marito conosce i compleanni dei suoceri e dove sono conservate le lampadine di ricambio; la moglie, invece, conosce i numeri del conto bancario. Se chiedete al marito il suo numero di conto bancario non saprà rispondervi, mentre se chiedete alla moglie il compleanno di sua sorella, lei non lo ricorderà. Insieme, essi sanno molto. Separatamente, meno.

    Wegner ha confermato tutto ciò studiando le coppie di anziani che vivevano insieme da decenni: interrogati insieme erano capaci di rispondere a tutto, mentre presi singolarmente il risultato cambiava e le risposte erano prive di piccoli dettagli. Ecco, l’uomo tratta le macchine come fossero partner da decenni, ci affidiamo a loro e siamo molto più sicuri se al loro fianco.

    Le macchine sono state costruite proprio per sopperire alle imperfezioni della nostra conoscenza individuale. E abbiamo iniziato a trattarle servendoci di una memoria che abbiamo sempre sperimentato attraverso gli altri: quella transattiva.

    Ma Thompson precisa che l’iPhone non è tutto e non basta: la società richiede corpi di conoscenza condivisa. Perciò sul piano individuale è ancora importante studiare lentamente e profondamente le cose per essere migliori e per rendere migliori gli altri.

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