Proprio all’apice del suo trionfo, il capitalismo vivrà la più splendida delle morti.
È ciò che crede Jeremy Rifkin, consulente politico e scrittore, che sostiene che il sistema economico attuale sia diventato così efficace nell’abbassare i costi di produzione da aver creato le giuste condizioni per la distruzione del tradizionale sistema di produzione incentrato sull’integrazione verticale.
Rifkin, che è stato consulente per la Commissione Europea, il Parlamento europeo e diversi capi di governo, tra cui la cancelliera tedesca Angela Merkel, ha detto:
“Nessuno nella sua più fervida immaginazione, inclusi gli economisti e gli uomini d’affari, avrebbe mai immaginato la possibilità di una rivoluzione tecnologica tanto radicale nella sua produttività da ridurre il costo marginale quasi allo zero, rendendo i prodotti praticamente gratuiti, abbondanti e non più legati alle logiche di mercato”.
Molte compagnie nell’industria manifatturiera sopravvivono con esigui margini di profitto, e sono destinate ad arrendersi davanti alla concorrenza dei piccoli operatori che non hanno costi fissi.
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“Stiamo assistendo al trionfo finale del capitalismo, cui seguirà la sua uscita di scena in favore di un economia basata sulla produzione paritaria”, prevede Rifkin.
Dalle ceneri dell’attuale sistema economico, sostiene Rifkin, nascerà un modello radicalmente nuovo, alimentato dallo straordinario ritmo delle innovazioni nel campo dell’energia, della comunicazione e dei trasporti.
“Si tratta del primo nuovo modello economico dall’avvento del capitalismo e del socialismo nel XIX secolo, quindi si tratterà di un evento di rilievo storico che rivoluzionerà il nostro stile di vita negli anni a venire”, sostiene Rifkin. “Già esiste; semplicemente non lo abbiamo ancora inquadrato”.
Alcuni settori, come quello della musica e dell’informazione, sono profondamente cambiati a causa della capacità di internet di rendere le singole persone e i piccoli gruppi in grado di competere con le grandi aziende del settore.
Intanto, la diffusione delle stampanti 3d e il progresso tecnologico nella logistica – come ad esempio l’installazione di miliardi di sensori intelligenti nelle catene di fornitura – evidenziano che questo fenomeno si sta diffondendo dal mondo virtuale a quello reale.
La creazione di un nuovo sistema economico, sostiene Rifkin, aiuterà a superare più facilmente alcune delle sfide chiave per la sostenibilità, come il cambiamento climatico e la scarsità delle risorse, contribuendo a ridurre l’intervento dell’uomo sulla natura. Questo sarà possibile dal fatto che saranno necessarie solamente delle quantità minime di energia, materiali, lavoro e capitale.
Rifkin afferma che sono poche le persone che comprendono la dimensione dei pericoli che la razza umana ha di fronte a sè. In particolar modo Rifkin ritiene preoccupante l’aumento dei livelli di precipitazioni nell’atmosfera, che sta portando a condizioni meteorologiche estreme.
“L’ecosistema non può tenere il passo con l’alterazione del ciclo dell’acqua. Ci troviamo nella sesta estinzione di massa”, avverte. “Potremmo perdere il 70 per cento delle nostre specie entro la fine di questo secolo e mettere in pericolo la nostra capacità di sopravvivere su questo pianeta”.
Ogni economia nella storia ha contato su tre pilastri fondamentali: comunicazione, energia e trasporti. Ma Rifkin sostiene che ciò che rende unica la nostra epoca è il fatto che stiamo assistendo alla convergenza di questi pilastri nella creazione di un super internet.
Se i cambiamenti radicali nella comunicazione sono già ben noti, Rifkin sostiene che la rivoluzione nel settore dei trasporti è dietro l’angolo. “La produzione di elettricità avrà un costo marginale vicino allo zero e con buona probabilità nel giro di 10 o 15 anni potremo stampare macchine”.
“A questo aggiungete il sistema Gps e i veicoli che si guidano da soli e vedrete i costi marginali dei trasporti ridursi bruscamente”.
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Il processo comincerà a ingranare realmente soltanto quando il prezzo delle tecnologie per la produzione delle energie rinnovabili scenderà. Rifkin prevede che il costo della produzione energetica, un giorno, sarà pari a quello di un telefonino.
“Puoi produrre in casa la tua energia verde e poi, attraverso la rete di contatti a cui si accede tramite internet, programmare le tue app in modo da rivendere l’energia in eccesso a chi ne ha bisogno. Non si tratta esclusivamente di ragionamenti a livello teorico. Tutto ciò è appena cominciato”.
Rifkin ha detto che la compagnia tedesca produttrice di energia E.ON ha già riconosciuto che il modello centralizzato di queste aziende scomparirà. E.ON seguirà il suo consiglio convertendosi, diventando un fornitore di servizi e trovando la propria dimensione nell’aiutare gli altri a gestire i loro flussi di energia.
Rifkin incoraggia le grandi compagnie di tutti i settori a seguire l’esempio e, invece di opporsi al cambiamento, a usare la loro grandezza sul mercato e le loro capacità organizzative per aiutare le realtà emergenti a unirsi.
Anche se Rifkin crede che la rivoluzione economica sia praticamente inarrestabile, avverte che potrebbe essere distorta qualora i singoli Paesi e le società private riuscissero nel loro intento di controllare internet.
“Se le vecchie industrie riusciranno a monopolizzare l’infrastruttura, ovvero i ‘tubi’ e le ‘condutture’ di internet, e distruggeranno la neutralità della rete, allora avremo monopoli globali e un regime da Grande Fratello.
Ma se saremo in grado di mantenere questa neutralità, vorrà dire che il consumatore si trasformerà in prosumer (fusione dei termini inglesi di “professional” e “consumer”) che con il proprio telefono e le proprie app può già oggi iniziare ad alimentare questo fenomeno che si sta sviluppando.
Le persone pensano che questa prospettiva sia lontana all’orizzonte, ma se nel 1989 – prima dell’avvento di internet – avessi detto che nel giro di 25 anni avremmo reso più “democratica” la comunicazione e che il 40 per cento della razza umana si sarebbe scambiata informazioni di ogni tipo, queste persone avrebbero detto che ciò non sarebbe stato possibile”.
Rifkin non teme che la capacità di produrre beni così a basso costo possa portare a un ulteriore sforzo per le limitate risorse terrestri non appena la popolazione mondiale, in crescita, si scatenerà in acquisti sfrenati?
L’economista crede che ci sia un paradosso alla base di questa dinamica. Ritiene che l’eccedenza dei consumi sia il risultato di una “paura della scarsità”, e che quindi questa tendenza scomparirà non appena capiremo di poter avere tutto ciò che vogliamo.
I ragazzi nati tra gli anni Ottanta e Duemila hanno già compreso la falsa nozione del “più accumuliamo, più saremo autonomi e liberi”. Sembra che siano più interessati a sviluppare nuovi network e a prender parte all’economia collaborativa che al consumo fine a sé stesso.
E cosa dire della preoccupazione che la fine del capitalismo potrebbe gettare il mondo nel caos? Rifkin ritiene che il vuoto lasciato dalla scomparsa delle maggiori compagnie verrà colmato dal settore no-profit.
Per chi lo dubita, Rifkin indica le centinaia di milioni di persone che sono già coinvolte in una rete cooperativa nel mondo.
“C’è un’istituzione nelle nostre vite su cui noi tutti facciamo affidamento ogni giorno, che ci fornisce ogni tipo di beni e servizi e che non ha niente a che fare con il prodotto o con programmi assistenziali del governo, senza la quale noi non potremmo vivere. Si tratta dei beni comuni.
Ci sono milioni di organizzazioni che forniscono assistenza sanitaria, istruzione, aiuto ai poveri, cultura, arte, sport, svaghi e così via. Questo non viene preso in considerazione dagli economisti perché crea capitale sociale che, pur essendo essenziale, non crea utili sul mercato. Ma come produttore di ricchezza è enorme e la cosa interessante è che sta crescendo più velocemente del Pil nel privato”.
All’età di 69 anni, Rifkin ammette che potrebbe non vivere abbastanza a lungo per vedere concretizzate le sue speranze per un futuro migliore, ma dice che l’economia collaborativa è l’unico scenario possibile per fare i conti con le sfide per la sostenibilità che l’umanità sta affrontando.
“Abbiamo tutti una nuova potenziale piattaforma per riuscire ad arrivare lì dove dobbiamo”, ha detto.
“Non so se siamo ancora in tempo. Se esiste un piano alternativo, non ho idea di quale potrebbe essere. Quello che so è che continuare con un modello verticalizzato, basato su grandi compagnie che sfruttano combustibili fossili, energia nucleare e telecomunicazioni centralizzate, a fianco di una crescente disoccupazione, una riduzione del Pil e tecnologie in fin di vita, non è la soluzione”.
Jo Confino è un giornalista e redattore esecutivo del Guardian. Il suo articolo è stato pubblicato qui.
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