La Cina frena la sua corsa economica. I dati parlano chiaramente: la crescita economica del secondo trimestre del 2013 rallenta e si ferma al 7.5 per cento, scendendo dello 0,2 per cento rispetto ai primi tre mesi dell’anno e dello 0.4 per cento rispetto alla fine del 2012. La produzione industriale è si è indebolita nel mese di giugno registrando un tasso dello 8.9 per cento, ovvero lo 0,3 per cento in meno rispetto a maggio.
Solo le vendite al dettaglio danno respiro all’economia cinese, secondo i dati ufficiali del China’s National Bureau of Statistics c’è stato un solido aumento del 13,3 per cento negli ultimi due mesi.
Il nervosismo dei dati economici segnala la fragilità e l’instabilità di un sistema in forte crescita da ormai 30 anni. Xi Jinping, il presidente della Repubblica Popolare Cinese, non si dice preoccupato per lo stato di salute dell’economia del Paese: il nuovo governo, insediatosi a marzo, è consapevole della necessità di rallentare la corsa del Pil attraverso politiche che stimolino la domanda aggregata, la competizione e liberalizzazione dei settori del mercato precedentemente controllati dallo Stato.
L’aggiustamento strutturale dell’economia è uno degli obiettivi primari del nuovo governo di Perchino, consapevole che una crescita così accelerata è insostenibile nel lungo periodo. Uno studio del Fondo Monetario Internazionale, ‘Chronicle of a decline foretold: has China reached the Lewis Turning Point?’ pubblicato a gennaio 2013 dai ricercatori Mitali Das and Papa N’Diaye, spiega come la Cina raggiungerà il Punto di Lewis tra il 2020 e il 2025.
Il punto di svolta di Lewis, dal nome del Premio Nobel per l’economia Arthur Lewis, segnala il momento in cui in un Paese cala la disponibilità di manodopera a basso costo e aumentano i salari. Il costo della produzione aumenta, scompaiono i profitti, e la crescita economica declina.
Sheng Laiyun, portavoce del China’s National Bureau of Statistics, ha dichiarato che “la performance economica nazionale nella prima metà del 2013 è stata tendenzialmente stabile e la maggior parte degli indicatori rimangono entro limiti ragionevoli rispetto alle previsioni annuali. Le condizioni finanziarie restano comunque complesse e mutevoli”.