Il 26 novembre la capoeira, una forma di arte marziale brasiliana incrocio tra la danza e la lotta, è stata dichiarata patrimonio culturale immateriale dell’umanità da parte dell’Unesco.
Tra il 1781 e il 1855 si stima che circa due milioni di schiavi africani furono portati in Brasile, principalmente nella città di Salvador de Bahia, la città con la popolazione nera più alta al di fuori del continente africano.
La capoeira fu inventata proprio da loro, e si narra sia un’evoluzione della lotta angolana n’golo che marcava il passaggio di giovani ragazzi alla vita adulta. La lotta si svolgeva in cerchio ed era animata a ritmo di tamburi, similmente alla capoeria.
Il berimbau, strumento musicale a corda percossa, è lo strumento tipico delle rode (i cerchi di persone all’interno dei quali si disputa l’arte marziale) di capoeira ed è spesso accompagnato da un pandeiro (una sorta di tamburino), una maraca e uno djembe (un grande tamburo a calice). Due persone si alternano a sfidarsi nella capoeira nel centro della roda mentre gli altri cantano e battono le mani per trasmettere la loro energia.
Gli schiavi erano più numerosi e di forza fisica maggiore rispetto ai colonizzatori, motivo per cui si temeva che se gli venisse concesso il permesso di allenarsi, si sarebbero potuti ribellare. Per questo, gli schiavi praticavano l’arte marziale in clandestinità.
Gli schiavi che praticavano la capoeira sceglievano un appelido, un soprannome con il quale erano conosciuti all’interno del loro gruppo. L’appelido poteva derivare da una caratteristica fisica, dall’origine, dalla personalità. Questo serviva a prevenire l’identificazione dei loro compagni nel caso uno di loro fosse stato catturato e torturato.
“Siamo molto emozionati perché la capoeira, inventata dagli schiavi, è stata proibita in Brasile per molti anni e oggi viene riconosciuta in tutto il mondo”, ha detto Jurema Machado, presidente Istituto del patrimonio storico e artistico nazionale.
L’Unesco ha riconosciuto nella capoeira una celebrazione che nasce dalla resistenza contro ogni forma di oppresione. La roda è uno spazio rituale che fornisce un senso di compagnia e di identità di una comunità in continua espansione in Brasile e altrove. L’idea è quella che la capoeria deve diventare un mezzo di resistenza e promuovere il dialogo tra diverse etnie, classi sociali, e nazionalità.
Qui le immagini di Antonello Veneri, scattate nelle favelas di Salvador de Bahia e Rio de Janeiro.