Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Esteri
  • Home » Esteri

    L’India vieta Uber

    Le autorità hanno bandito il servizio di taxi dopo lo stupro di una cliente da parte di un autista già condannato per molestie

    Di Maria Tavernini
    Pubblicato il 10 Dic. 2014 alle 10:17 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 23:24

    Lo scorso 8 dicembre il dipartimento dei trasporti di Nuova Delhi ha deciso di bandire dalle strade della capitale il servizio di taxi online Uber – e tutti i servizi di trasporto privati legati alle app online – dopo che un autista della compagnia americana è stato accusato di stupro.

    Il 5 dicembre una ragazza di 26 anni, dipendente di una società finanziaria, ha usato l’app di Uber per tornare a casa dopo un evento nella zona Sud di Delhi. Durante il tragitto si è addormentata e si è risvegliata in un luogo buio e appartato, dove è stata violentata dal conducente.

    Dopo essere stata riaccompagnata a casa dallo stesso autista, che le ha intimato di non denunciare l’accaduto, la ragazza è riuscita a fotografate l’auto e a prendere nota del numero di targa. Grazie a quest’ultimo, la polizia ha rintracciato la vettura e il suo conducente.

    Shiv Kumar Yadav, 32 anni, è stato arrestato a Mathura, sua cittadina di origine nello stato dell’Uttar Pradesh, dove si era nascosto dopo aver abbandonato l’auto di servizio e spento il cellulare. L’uomo si è dichiarato colpevole e comparirà lunedì prossimo in tribunale a Delhi.

    “Quello che è successo a Delhi nel weekend è raccapricciante”, ha dichiarato domenica Travis Kalanick, fondatore e amministratore delegato della startup nata nel 2009 a San Francisco, che di recente è stata valutata 40 miliari di dollari. “Faremo tutto, ripeto tutto il possibile per aiutate a portare il colpevole di fronte alla giustizia”.

    Il bando, che si pensa sia temporaneo e le cui implicazioni pratiche non sono ancora chiare, è scattato perché “Uber ha ingannato i clienti con la promessa di un servizio sicuro e affidabile”, si legge nel comunicato del Dipartimento dei Trasporti di Delhi.

    La notizia arriva in un periodo già turbolento per la compagnia di taxi privati, che si trova a fronteggiare problemi e opposizioni anche in altri Paesi (Australia, Inghilterra, Germania e Olanda, solo per citarne alcuni): una brusca battuta d’arresto sul mercato internazionale nell’aggressiva crescita della startup di San Francisco.

    “La sicurezza è la più alta priorità di Uber, e in India lavoriamo con autisti-partner muniti di licenza per fornire una scelta di trasporto sicura”, ha dichiarato Evelyn Tay, portavoce di Uber. Ma gli inquirenti smentiscono: sul profilo del conducente non è stato effettuato nessun controllo. 

    Yadav, autore della violenza sessuale sulla 26enne, aveva precedenti per molestie: era stato accusato di stupro già nel 2011 da una sua cliente ventenne mentre lavorava per un’altra compagnia di taxi, e per questo aveva scontato sette mesi di carcere. Quando è stata diffusa la notizia dell’ennesimo stupro, la città è esplosa in un moto di rabbia e sdegno.

    Nella capitale, si sono svolte manifestazioni di protesta, proprio a pochi giorni dal secondo anniversario del brutale stupro di gruppo che nel dicembre del 2012 portò alla morte di una fisioterapista 23enne scuotendo la società indiana e il mondo intero (ne avevamo parlato qui).

    Nonostante le riforme, i casi di stupro sono aumentati del 26,7 per cento nel 2013 rispetto all’anno precedente, secondo stime governative riportate dal Guardian. Secondo la polizia, l’aumento negli stupri è dovuto al maggior numero di casi denunciati rispetto al passato, ma gli attivisti avvertono che si tratta solo della punta dell’iceberg: molte donne sono ancora vittime di intimidazioni e pressioni affinché non denuncino le violenze.

    Molestie e attenzioni non desiderate sono all’ordine del giorno per una donna in India, soprattutto sui mezzi pubblici, come dimostra il video, diventato virale in rete, delle due ragazze ribellatesi a una molestia su bus in Haryana. L’India è il quarto paese più pericoloso al mondo per una donna che deve usare mezzi di trasporto pubblici, secondo una classifica stilata da Thomson Reuters Foundation a ottobre. Una realtà che non sembra destinata a migliorare.

    Ad appena un anno dal lancio del servizio sulle strade indiane, in concorrenza con rickshaw e vecchie Ambassador nere e gialle, la decisione della messa al bando nel secondo maggiore mercato dopo gli Stati Uniti è stata seguita anche da Spagna e Tailandia, che hanno oggi deciso di alzare barriere contro l’espansione di Uber e regolamentare il mercato dei trasporti privati via app.

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version