La tenace resistenza della Corea del Nord alle avversità politiche, climatiche ed economiche è dovuta a diverse caratteristiche che la distinguono dal resto del mondo: dall’ideologia semi-religiosa dello juche alla forte identità collettiva dei nordcoreani, alla percezione dello Stato come una famiglia e del leader come un padre.
Agli occhi dell’occidentale globalizzato, questi non sono altro che aspetti di una repressione politica che ricorda i tempi più cupi dello stalinismo.
Per sottolineare il parallelismo con l’Unione Sovietica, i media hanno prodotto innumerevoli prove delle barriere che il regime ha eretto attorno ai cittadini: muri che circondano ogni aspetto dell’esistenza, innalzati per impedire ai nordcoreani di interagire con gli stranieri.
Un simile isolamento alimenta l’idea che i primi siano prigionieri in patria. Non è così.
Forse i media internazionali non riescono a presentare un quadro esauriente di questa nazione perché non utilizzano una chiave di lettura religiosa, ma politica.
Per i giornalisti stranieri è semplicemente inconcepibile analizzare la Corea del Nord alla luce dell’ideologia settaria che la guida juche, mentre si sentono più a proprio agio nel paragone con un regime totalitario comunista, per esempio l’Unione Sovietica.
Negli ultimi anni, le dinamiche e la propaganda tipiche della Guerra Fredda sono state rispolverate e adattate alla globalizzazione per presentare la RpdC come un sistema politico brutale.
Tuttavia, la Corea del Nord è molto diversa dall’Unione Sovietica di Stalin o dalla Cina maoista. Il punto è che, come qualunque altro Paese o regime, non può rimanere immutata, ma deve crescere e rimodellarsi seguendo i cambiamenti in atto fuori dai suoi confini.
È questa la sfida più grande che la leadership e la nazione si trovano a dover affrontare.
La storia ci dice che il sistema sovietico era troppo rigido, mentre quello cinese si dimostrò abbastanza flessibile da adeguarsi al trionfo del capitalismo a livello globale. Non si può negare che la Cina attuale sia molto diversa da quella degli anni Novanta.
La domanda fondamentale è: la Corea del Nord seguirà le orme di Pechino e saprà cambiare pelle, oppure fallirà miseramente come Mosca?
Mantenere lo status quo, garantire la sopravvivenza del regime, è fondamentale oggi quanto lo era negli anni Cinquanta. Nessuno contesterà questa affermazione.
Ma si potrebbe dire lo stesso degli Usa e delle democrazie europee: nessun sistema politico è disposto ad accettare di punto in bianco di essere soppiantato da un altro! Almeno sotto questo aspetto, la Corea del Nord non è diversa da qualunque altro Paese.
Qui però è la leadership a determinare i cambiamenti, non il voto come invece accade nelle democrazie occidentali. Kim Il-sung e Kim Jong-il riuscirono a superare crisi gravissime, compreso il collasso del sistema agricolo nella seconda metà degli anni Novanta.
Kim Jong-un ha un compito altrettanto arduo e, mentre combatte contro le sanzioni economiche imposte al Paese, cerca di rilanciare l’economia.
© 2018 Loretta Napoleoni
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Per gentile concessione Ufficio stampa Rizzoli, Bur
Loretta Napoleoni è una giornalista italiana che collabora con numerose testate a livello internazionale, consulente di governi e scrittrice. Quello che vi abbiamo proposto è un estratto dal suo ultimo libro “Kim Jong-un il nemico necessario – Corea del Nord 2018” , pubblicato nel 2018 da Rizzoli.