Kim Davis, un’impiegata dell’ufficio di registro della contea di Rowan, nella parte settentrionale del Kentucky, agli inizi di settembre era stata arrestata per non avere concesso licenze di matrimonio alle coppie omosessuali al fine di rispettare i dettami cattolici, e circa due settimane più tardi è tornata dietro la propria scrivania.
Questo è solo uno dei numerosi casi che si verificano negli Stati Uniti in cui la libertà religiosa si scontra con quella sessuale.
Decine di altri funzionari e giudici statunitensi si sono opposti all’obbligo di concedere i documenti di matrimonio a persone dello stesso sesso. Primo tra tutti, il figlio della stessa Davis, che lavoro nel medesimo studio della madre – l’equivalente dell’ufficio anagrafe italiano.
Secondo questi dipendenti statali, il fatto che a giugno gli Stati Uniti abbiano legalizzato i matrimoni gay in tutto il Paese non deve implicare che gli “obiettori di coscienza” siano puniti dalla legge.
Il giudice testamentario dell’Alabama Nick Williams ha fatto scalpore per aver definito i documenti matrimoniali come una “licenza per impegnarsi nella sodomia”. Prendendo spunto da Kim Davis – che in carcere ha ribadito che una volta tornata in ufficio avrebbe continuato sulla propria linea di pensiero – ha fatto formale richiesta perché la legge non lo obblighi a concedere le unioni tra gay.
Secondo il giudice Williams la condanna inflitta alla Davis, infatti, “criminalizza le credenze religiose della persona”.
A pensarla come lui, anche la folla che ha accolto Davis l’8 settembre, all’uscita di prigione, dov’era stata rinchiusa con l’accusa di oltraggio alla corte.
Tra i cittadini del Kentucky che volevano sostenere le idee della funzionaria della contea di Rowan, spiccavano Mike Huckabee, ex governatore dell’Arkansas, e il senatore del Texas, Ted Cruz, tra i candidati in corsa alle primarie repubblicane per le elezioni presidenziali del 2016.