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    Caso Khashoggi, Trump: “Il principe forse sapeva ma continuiamo ad appoggiare Riad”

    Credit: Afp
    Di Marta Facchini
    Pubblicato il 20 Nov. 2018 alle 19:23 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 02:45

    Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump vuole continuare a mantenere rapporti con la famiglia reale saudita, nonostante l’omicidio del reporter dissidente Khashoggi e nonostante le accuse che pendono sulla figura di Mohammed bin Salman.

    Il Tycoon non assolve MbS per la morte del giornalista saudita ma assicura che Washington e Riad resteranno alleati.

    “Può essere che il Principe della Corona sapesse molto bene di questo evento tragico; può essere, come non può essere”, ha affermato l’inquilino della Casa Bianca in una nota insolita per la sua lunghezza.

    Il presidente ha affermato che le agenzie di intelligence americane “stanno valutando tutte le informazioni” sul caso ma “è possibile che non sapremo mai tutti i fatti intorno alla morte di Khashoggi”, scomparso il 2 ottobre 2018 nel consolato di Istanbul.

    “Gli Stati Uniti intendono restare un partner costante dell’Arabia Saudita al fine di mettere in sicurezza gli interessi della nostra nazione, di Israele e dei nostri partner nella regione”, ha dichirato in una nota che mira a focalizzare l’attenzione sulla “minaccia” che proverrebbe dall’Iran.

    Tuttavia secondo la Cia, il mandante dell’omicidio sarebbe proprio il principe ereditario Mohammed bin Salman: anche se non è stata mai trovata “la pistola fumante”, una simile operazione si sarebbe potuta svolgere solo con il consenso del numero uno di Riad.

    L’Arabia Saudita ha sempre risposto prontamente negando le accuse e difendendo il principe ereditario, continuando ad affermare che si è trattata di un’operazione finita male e in cui i membri dei servizi segreti hanno agito senza il consenso della casa reale.

    Il Washington Post, per il quale Khashoggi lavorava, ha scritto che le affermazioni della Cia si basano in parte su una telefonata fatta dal fratello del principe ereditario, il principe Khaled bin Salman, l’ambasciatore saudita negli Stati Uniti.

    Il principe Khaled avrebbe chiamato Khashoggi prima del 2 ottobre e gli avrebbe assicurato che non gli sarebbe successo niente una volta nel consolato.

    L’ambasciatore saudita ha risposto alle accuse su Twitter, affermando di non avere avuto contatti con il giornalista da più di un anno.

    La versione di Riad – Durante una conferenza stampa a Riad, un portavoce del procuratore generale del regno, Sheikh Saud bin Abdullah al-Muajab, ha detto che Khashoggi è stato ucciso “dopo un litigio” che ha portato a una colluttazione. Il giornalista sarebbe poi stato legato e assassinato “con l’iniezione di una dose di narcotico”.

    Secondo quanto riferito dalla procura generale, una squadra era stata inviata a Istanbul per riportare Khashoggi nel regno per ordine dell’ex vice capo dell’intelligence e di un ex consigliere saudita, Ahmed Al Assiri. Ai membri di questa squadra era stato ordinato di uccidere il giornalista in caso quest’ultimo non avesse accettato di tornare in Arabia Saudita.

    Gli imputati avrebbero inizialmente fornito alle autorità un rapporto falso sulla vicenda. Il corpo del giornalista sarebbe stato distrutto dopo l’uccisione e portato via dal consolato.

    Sanzioni Usa – Gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni economiche contro 17 sauditi coinvolti nell’omicidio del giornalista dissidente Khashoggi, tra cui Saud al-Qahtani, uomo molto vicino al principe ereditario.

    Le nuove misure  prevedono il congelamento dei beni patrimoniali, il divieto di fare affari con imprese americane e di entrare in territorio statunitense.

    Pena di morte per 5 sospettati – La decisione degli Stati Uniti fa seguito alla richiesta del procuratore dell’Arabia Saudita di incriminare 11 persone per l’omicidio di Khashoggi: per i 5 ritenuti di essere gli esecutori materiali dell’uccisione, è stata chiesta la condanna a morte.

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