Una corte di giustizia del Kenya ha stabilito che è legittima l’esplorazione anale per determinare l’orientamento sessuale di una persona, nonostante le proteste delle associazioni a difesa dei diritti umani che la definiscono una pratica degradante e una violazione della dignità umana e della privacy.
Una coppia di uomini aveva fatto ricorso contro questo tipo di esame, ordinato dal giudice con lo scopo di capire se l’uomo avesse avuto un rapporto sessuale anale, introducendo un tubo nel retto, una pratica considerata come tortura dalla legge internazionale, ma utilizzata comunemente in Kenya, in Egitto, in Tunisia, in Uganda e Turkmenistan.
I due uomini erano stati arrestati nel febbraio del 2015 in un bar vicino a Ukunda, una città sulla costa del Kenya, perché sospettati di avere avuto un rapporto omosessuale, considerato un crimine per la legge kenyota. Sono ancora indagati e, se ritenuti colpevoli, rischiano fino a quattordici anni di prigione.
Dura condanna della sentenza di Amnesty International: “Obbligare persone ad avere un esame anale senza il loro consenso è degradante, umiliante e contrario ai principi etici. È un’invasione della privacy e una violazione dei diritti dell’individuo. Inoltre questi esami sono ritenuti dalle Nazioni Unite inutili dal punto di vista medico perché non sono in grado di fornire una prova dell’omosessualità dell’imputato”, ha commentato il responsabile di Amnesty per l’Africa orientale, Muthoni Wanyeki.