Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Esteri
  • Home » Esteri

    “Ci siamo fatti esplodere in un mercato ma io sono ancora viva”, parla a TPI l’unica kamikaze sopravvissuta a un’azione suicida di Boko Haram

    Una donna nel mercato di N'djamena, capitale del Ciad. Credit: ISSOUF SANOGO / AFP
    Di Daniele Bellocchio
    Pubblicato il 14 Mag. 2019 alle 10:50 Aggiornato il 9 Set. 2019 alle 19:26

    I soldati dell’esercito ciadiano si preparano per un’azione di guerra: indossano le mimetiche, stringono gli anfibi, posizionano le giberne a tracolla, coprono i volti con i turbanti e inseriscono i caricatori nei kalashnikov. ”Moral! Moral! Moral!” (Morale! Morale! Morale!), urlano i militari e il grido echeggia nella vastità del Sahel.

    I soldati salgono sulle piroghe comandati dal capitano Affeni e attraversano il lago Ciad, feudo di Daesh in terra d’Africa, scrutando attraverso la scanalatura del mirino i canneti e le paludi.

    L’imbarcazione naviga in direzione dell’isola di Gomirom Domou dove vive Halima Adama, una donna di 20 anni, sola terrorista di cui si ha notizia ad essere sopravvissuta ad un’azione suicida durante la quale avrebbe dovuto morire da martire compiendo una strage.

    La terribile desertificazione del Lago Ciad di cui nessuno parla, alleata di Boko Haram

    Incontrarla e conoscere la sua storia significa poter guardare da una prospettiva unica il mondo del terrorismo: capire cosa induce uomini e donne a votarsi alla morte altrui e propria divenendo così zelanti e obbedienti esecutori di massacri.

    Durante il viaggio sulle placide acque del lago il capitano dell’esercito regolare spiega: ”Qua è molto pericoloso. Questa zona è in mano ai terroristi di Boko Haram, si nascondono sulle isole e poi conducono azioni e scorribande saccheggiando i villaggi e massacrando la popolazione”. Dopo ore, la piccola barca a motore affonda la prua in uno strato di fanghiglia.

    Ecco l’isola dove vive la donna che oggi tutti conoscono come: ”la kamikaze”.

    Halima Adama è seduta su una stuoia di rafia all’interno di una capanna fatta di frasche. Per terra, accanto a lei, le protesi delle sue gambe preannunciano il racconto.

    ” Io sono originaria di quest’isola e a dodici anno sono stata data in sposa a un uomo che faceva il pescatore e ho vissuto con lui sino a quando avevo sedici anni”.

    Poi cos’è successo?

    Un giorno, era il 2016, mio marito mi disse che mi avrebbe condotta su un’altra isola dove la pesca era più redditizia. Partimmo in barca ma, anziché portarmi in questo posto dove avrebbe dovuto dedicarsi alla pesca, mi portò dai combattenti di Boko Haram. Lui mi ha ingannata, io non lo sapevo che lui voleva arruolarsi e diventare uno jihadista e non sapevo neppure che voleva coinvolgere anche me in questa sua scelta.

    Dopo che sei stata condotta dai terroristi cos’è avvenuto?

    Mio marito ha fatto l’addestramento militare ed è diventato un soldato e ha preso parte ai combattimenti. Io invece sono stata mandata a vivere con altre donne e non facevamo altro che cucinare e studiare il Corano, per tutto il giorno.

    Mi puoi raccontare in che modo sei stata designata per diventare una kamikaze?

    È stato mio marito a propormi ai capi per farmi fare un’azione suicida. Un giorno venne da me e mi disse che ero stata scelta per diventare una kamikaze. Mi condusse dalle autorità e loro mi spiegarono che avrei esaudito il volere di Allah e che uccidendo i miscredenti sarei andata in Paradiso.

    Io ero terrorizzata, ma non avevo scelta. Boko Haram non ti dà possibilità di scegliere: o esegui gli ordini o ti uccidono. Per alcuni giorni mi prepararono indottrinandomi e drogandomi, mi facevano delle punture e dicevano che servivano a non farmi avere paura, poi mi diedero la cintura esplosiva e mi dissero di andare a compiere l’azione insieme ad altri attentatori.

    Poi, cos’è accaduto?

    Con un gruppo di altri terroristi sono partita per compiere una strage nel mercato di Bol. Abbiamo marciato per tre giorni e tre notti poi però, quando eravamo a tre chilometri dal luogo designato per l’azione, siamo stati intercettati dai comitati di autodifesa. Io non mi ero legata sul corpo la cintura esplosiva, l’avevo lasciata nella borsa, avevo troppa paura.

    Quando i vigilantes ci hanno scoperti gli altri terroristi che erano con me hanno subito attivato gli esplosivi. Mi ricordo le esplosioni, poi più nulla. Mi svegliai ore dopo in ospedale e senza gambe. So di essere stata l’unica a salvarsi.

    Hai più avuto notizie di tuo marito?

    Io conservo solo una foto sul cellulare di mio marito, ma non voglio più sapere nulla di lui dopo tutto quello che mi ha fatto vivere. Oggi io sono sola e non troverò mai nessun altra persona che mi sposerà. Chi vuole prendere in moglie una come me senza gambe e con una storia come la mia?

    Io non potrò mai perdonare né mio marito né Boko Haram per quello che mi hanno fatto. Mi hanno obbligata a diventare una kamikaze, volevano che facessi del male e uccidessi la mia gente; come potrò dimenticare? Como potrò ritornare ad avere una vita normale?

    Quale messaggio vuoi inviare alle autorità affinché nessun altro debba vivere quello che hai vissuto tu?

    Io dico che occorre occuparsi di più dell’educazione dei giovani. Più scuole, più ragazzi istruiti. Colpendo l’ignoranza si colpisce Boko Haram.

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version