Prima donna nera eletta procuratore distrettuale e poi procuratore generale nella storia della California, Kamala Harris è stata la prima donna di colore e la prima indiana-americana eletta senatrice fino a diventare vicepresidente degli Stati Uniti d’America. Dopo l’annuncio del ritiro di Biden dalla corsa alle presidenziali, i democratici guardano a lei come sfidante di Trump verso la Casa Bianca.
Una donna dei primati. Figlia di due attivisti laureati a Berkeley, la madre la chiama Kamala, altro nome della dea indù Lakshmi, nome usato per rappresentare l’emancipazione della donna in India. Da bambina frequenta una chiesa battista per neri e un tempio induista, abbracciando sia la sua identità dell’Asia meridionale che quella nera. Dopo il liceo si laurea in Scienze politiche ed Economia alla Howard University. Supera l’esame di avvocato e inizia a lavorare come assistente procuratore distrettuale a Oakland, occupandosi principalmente di crimini sessuali. Quattro anni più tardi inizia la frequentazione con Willie Brown, una potenza della politica californiana, allora presidente dell’assemblea statale, 30 anni più grande di lei. Un anno più tardi, quando Brown viene eletto sindaco di San Francisco, Kamala rompe con lui.
Dal 2004 diventa amica di Barack Obama. Durante gli anni a San Francisco combatte le differenze di genere, la pena di morte, le disuguaglianze sociali e l’eccessiva violenza della polizia. Si faceva il suo nome come potenziale candidata alla Corte Suprema sotto l’amministrazione Obama. Nel 2016 Harris vince la sua corsa al Senato degli Stati Uniti, sconfiggendo Loretta Sanchez, collega democratica con 20 anni di esperienza.
La grande svolta che la rende nota in tutto il mondo arriva ottenendo la vicepresidenza con Biden. Dopo l’annuncio dell’attuale presidente di rinunciare alla corsa per un secondo mandato, lei ha dichiarato: “Sono pronta”. Ci saranno delle primarie lampo, che decreteranno ufficialmente il candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti. Kamala per ora ha incassato l’appoggio dei Clinton, mentre pesa il silenzio di Obama e Pelosi.