2 ottobre 2018-2 novembre 2018. È trascorso un mese dall’ormai innegabile omicidio del giornalista e dissidente saudita Jamal Khashoggi, scomparso dopo essersi recato al consolato saudita a Istanbul, in Turchia.
L’editorialista del Washington Post è stato “strangolato a morte in un attacco pianificato” subito dopo aver varcato la soglia dell’edificio, ma dopo 30 giorni non si hanno ancora tracce del suo corpo.
In un’ultima dichiarazione, il presidente Erdogan ha affermato che “l’ordine di uccidere il giornalista Jamal Khashoggi è arrivato dai più alti livelli del governo saudita”, escludendo però un coinvolgimento di re Salman.
Il mistero del cadavere – Con il passare dei giorni si sono rincorse diverse voci sulla sorte del cadavere del giornalista: in un primo momento si pensava fosse stato fatto a pezzi e poi sciolto nell’acido, in seguito sembrava fosse stato nascosto da qualche parte nel consolato, poi sepolto nel giardino della casa del console, finché non si è tornati alla prima versione.
Quello che sembra certo in questo caso particolarmente fumoso è che Khashoggi è stato smembrato in diretta Skype su indicazione di Saud al-Qahtani, un alto funzionario che ha aiutato il principe Mohammed bin Salman a consolidare il suo potere.
A chiamare Qahtani sarebbe stato il generale Maher Mutreb, un direttore dei servizi segreti e membro della squadra di sicurezza di 15 uomini arrivati a Istanbul il 2 ottobre.
Sempre Qahtani, via Skype, avrebbe tenuto una sorta di interrogatorio a distanza, presto degenerato.
Le versioni di Riad – Una delle versioni fornite da Riad infatti era che il giornalista fosse rimasto ucciso a seguito di un interrogatorio finito male e non completamente autorizzato dalla famiglia reale.
Per cercare di depistare le indagini, inoltre, un uomo del gruppo inviato a Istanbul avrebbe indossando gli abiti di Khashoggi, una barba finta e gli occhiali per poi uscire dal consolato. (qui il video)
Riad inizialmente ha negato qualsiasi coinvolgimento nella sparizione del giornalista, ma con il passare dei giorni e le crescenti pressioni internazionali ha dovuto ammettere che Khashoggi era morto in un’operazione finita male.
Il 25 ottobre casa Saud si è spinta più in là, ammettendo che l’omicidio è stato “premeditato” e lo stesso principe ereditario ha detto che si è trattato di “un atto efferato, ingiustificabile che addolora tutti i sauditi e il mondo intero”.
“L’Arabia Saudita e la Turchia compiranno tutti i passi per punire i responsabili“, ha aggiunto. “In molti stanno cercando di usare questo evento doloroso per incunearsi tra Arabia Saudita e Turchia ma alla fine sarà la Giustizia e prevalere”.
Riad aveva anche cercato di dare la colpa dell’omicidio a terzi il cui obiettivo era minare la reputazione dell’Arabia Saudita e del principe ereditario, mettendo in pericolo il ruolo della casa regnante nel panorama internazionale. Ma, come era evidente, la scusa non ha retto e lo stesso Trump ha dovuto ammettere che probabilmente bin Salman era coinvolto nella sparizione di Khashoggi.
La maschera di finto cordoglio del principe è stata strappata via in poco tempo dai media turchi: il 9 ottobre il principe ereditario ha telefonato al consigliere di Trump, Jared Kushner, dicendogli che Khashoggi faceva parte dei Fratelli Musulmani, movimento islamico radicale e che era un “pericoloso islamista“.
I rapporti commerciali – In tanti si sono chiesti quali sarebbero state le conseguenze economiche e non solo diplomatiche che l’Arabia avrebbe dovuto affrontare dopo il caso Khashoggi, ma i più ritengono che nel lungo periodo non ci saranno importanti cambiamenti.
Gli Stati Uniti infatti hanno più volte ribadito di non avere intenzione di rivedere gli accordi commerciali con Riad, che rimane il loro più grande acquirente di armi, e la stessa Turchia, che non vantava nemmeno in precedenza buoni rapporti con l’Arabia per via del blocco imposto al Qatar, ha evitato di rispondere con sanzioni economiche contro casa Saud.
La Germania, alcune settimane dopo, ha minacciato di interrompere la fornitura di armi all’Arabia, ma al momento le parole della cancelliera Merkel non sono state altro che proclami.
La guerra in Yemen – Il caso Khashoggi ha smosso l’opinione pubblica e sferrato un duro colpo all’immagine dell’Arabia quale paese riformista.
In realtà, per quanto l’omicidio del giornalista sia stato particolarmente efferato, la violenza in casa Saud non è una novità. Il regno saudita infatti ha sulla coscienza la morte di almeno 10mila persone nella guerra in Yemen, in cui si rischia la peggiore crisi umanitaria di sempre.
Adesso gli Usa e il Regno Unito stanno cercando di approfittare della momentanea debolezza di Riad per mettere fine alla guerra, ma l’Arabia continua ad essere sorda agli appelli di pace.
Il 2 novembre le forze saudite hanno condotto nuovi raid contro l’aeroporto della capitale Sanaa, in mano ai ribelli houthi.
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