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    Cosa succede agli italiani che vivono nel Regno Unito dopo il 31 gennaio

    Brexit: quali saranno le conseguenze per i cittadini dell'Unione Europea?

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 13 Dic. 2019 alle 01:44 Aggiornato il 31 Gen. 2020 alle 12:16

    Cosa cambia per gli italiani in UK con la Brexit

    Dopo la vittoria di Boris Johnson con un’ampia maggioranza sui Labour e il miglior risultato dei Tories nella storia del voto dai tempi di Margaret Tatcher, la Brexit è ora effettiva.

    Le elezioni che si sono tenute a dicembre scorso hanno visto il partito conservatore ottenere 368 seggi su 650, mentre il laburista Jeremy Corbyn solo 191, registrando un risultato peggiore delle attese.

    Dopo il via libera dell’Unione Europea alla Brexit, la maggioranza di cui godono in Parlamento permette ai conservatori di realizzare quella Brexit che rincorrono da quando il referendum del 2016 ha sancito la vittoria del sì all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea sul No.

    Ma soprattutto Boris Johnson ha mani libere nelle trattative per definire i futuri rapporti della Gran Bretagna con l’Europa: questo vuol dire che potrebbe facilmente perseguire una “Hard Brexit”, con cui gli accordi di libera circolazione delle merci e delle persone, attualmente in vigore all’interno dei Paesi membri dell’Ue, cambierebbero drasticamente.

    Quali sono dunque le conseguenze per i circa 700mila italiani che, secondo l’Aire, vivono nel Regno Unito?

    Dopo il 31 gennaio 2020, giorno in cui si realizza ufficialmente la Brexit, scatterà subito il periodo di transizione di 11 mesi già concordato con l’Unione Europea, che scade il 31 dicembre 2020.

    Fino a questa data resterà in vigore il principio di libera circolazione delle persone, dei beni, dei capitali e dei servizi, come se la Gran Bretagna fosse ancora un Paese membro. Per questo motivo a tutti i cittadini dell’Unione Europea che risiedono in UK, nell’immediato, non succederà nulla.

    Coloro che vivono nel Regno Unito da più di 5 anni potranno sfruttare il periodo di transizione per chiedere il permesso di residenza permanente, il cosiddetto “settled status”, che permette di restare a oltranza in Gran Bretagna.

    Chi invece risiede nel Paese da meno di 5 anni potrà fare richiesta per il “pre-settled status” che sarà valido fino alla scadenza dei cinque anni, ma che non dà la certezza di poter restare anche dopo.

    Soprattutto considerando che l’esecutivo ha già annunciato una linea dura sull’immigrazione.

    Il ministro aggiunto per la sicurezza, Brandon Lewis, ha dichiarato che sui cittadini “stranieri” non registrati entro la scadenza del periodo di transizione si applicheranno le norme già in vigore in  materia di immigrazione: questi saranno considerari “indesiderati”, senza diritto di soggiorno, perseguibili nel Paese e soggetti a misure di esecuzione.

    Anche sul destino di chi sogna di emigrare dal proprio Paese nel Regno Unito Londra stringerà il pugno, privilegiando indubbiamente i lavoratori qualificati rispetto agli altri: i non qualificati (baristi, camerieri, parrucchieri, come lo sono tanti giovani italiani che sbarcano nella perfida Albione) dovranno avere già un contratto in tasca prima di poter atterrare a Heatrow, e potranno fermarsi solo per breve tempo, senza poter maturare il diritto alla residenza.

    Il personale qualificato, invece, come i medici o i docenti, potrà ottenere visti di lavoro più lunghi (anche di cinque anni) e acquisire durante questo periodo la residenza permanente.

    Cambieranno le regole anche per i turisti che vogliono trascorrere un periodo di vacanza nel Regno Unito, perché bisognerà fare una richiesta di visto per entrare nel Paese, proprio come succede adesso quando si fa ingresso nella maggior parte dei Paesi extra comunitari.

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