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    Italiani bloccati in Bolivia: “Smettetela di farci sentire dei desaparecidos in terra straniera”

    Donna boliviana a La Paz, 14 aprile 2020. EPA/Martin Alipaz
    Di Redazione TPI
    Pubblicato il 4 Mag. 2020 alle 13:40

    Italiani bloccati in Bolivia: “Smettetela di farci sentire dei desaparecidos in terra straniera”

    “Siamo tanti, siamo quasi 60, ma non siamo numeri, siamo italiane ed italiani che dovremmo e vogliamo ancora lavorare, sorridere, camminare, gioire, abbracciare, leggere, viaggiare; siamo madri e padri, fidanzate e fidanzati, studentesse e studenti, lavoratrici e lavoratori, volontari e cooperanti, siamo italiane ed italiani da oramai quasi due mesi bloccati in vari punti della Bolivia, ai quali sono stati negati vari dei diritti fondamentali per i quali tante vite si sono immolate ed ancora si immolano: sicurezza e movimento, riunione e lavoro. Ma soprattutto uguaglianza e cittadinanza”. Lo si legge nel comunicato inviato all’Unità di crisi della Farnesina dagli italiani rimasti bloccati in Bolivia a causa dell’emergenza Coronavirus.

    “Paradossalmente non ci sono stati sottratti dalla Bolivia, impegnata a salvaguardare la vita dei propri concittadini”, prosegue il comunicato, “ma dall’Italia, il nostro Paese, del quale siamo obbligati ad osservare attoniti, l’indifferenza assoluta che con la quale sta trattando i drammi che affliggono oramai da settimane molti di noi, confinati nello spazio ristretto delle proprie abitazioni, prigionieri da liberi cittadini, ai quali è concessa un’uscita alla settimana di poche ore. Siamo imprigionati e le Autorità italiane permettono questo. E siamo, nostro malgrado, spettatori e testimoni impotenti dell’aggravarsi della situazione sanitaria, economica, sociale, politica, etc., del paese che ci ospita, dovuta all’estendersi del Coronavirus, ma soprattutto attoniti ed indignati difronte all’assoluta mancanza di sensibilità delle persone che abbiamo delegato ed a cui abbiamo affidato la nostra sicurezza, nei confronti del dramma che molti italiani stiamo vivendo: l’Ambasciata d’Italia a La Paz e le Autorità preposte nel nostro Paese”.

    “Si è passati da una prima fase di quarantena leggera, alla chiusura delle frontiere e degli aeroporti, fino al controllo con personale militare di qualsiasi spostamento: attualmente ci si può recare a comprare generi di prima necessità una volta alla settimana, dalle 07:00 alle 12:00, a seconda del numero finale del proprio documento di identità ed all’interno di un’area limitata”, scrivono gli italiani, che già nei giorni scorsi avevano lanciato un appello al ministro degli Esteri di Maio. “Le Autorità hanno prolungato la quarantena fino al 31 maggio. L’Ambasciata d’Italia a La Paz, con il suo Ufficio di Coordinamento, fino ad ora si è limitata ad avvisare i connazionali circa la disponibilità di posti su voli organizzati da altre ambasciate di paesi europei (francese, tedesca, spagnola, svedese), o extraeuropei (Malesia e Guatemala), i cui destini finali mai hanno coinciso con un atterraggio sul suolo patrio (a seconda della compagnia aerea Parigi o Francoforte, Madrid o San Paolo), e da dove ognuno avrebbe dovuto organizzarsi per rientrare in Italia con mezzi propri e sotto la propria responsabilità”.

    “Il costo sempre si è rivelato elevato per persone che, oramai da tempo, si trovano in condizioni economiche precarie e l’Ambasciata d’Italia a La Paz, lungi dal negoziare condizioni agevolate, si è limitata costantemente a comunicare le date dei voli e le condizioni di pagamento, spesso con margini di tempo esigui”, specificano i nostri connazionali. “Questo disinteresse sulla sorte dei propri concittadini, sulla loro situazione sanitaria, fisica, psicologica, economica, di sicurezza, alloggio, trasporto, etc., si evince dall’assenza totale di richiesta di informazioni a questo proposito, ed obbliga a riflettere sul reale suo ruolo, che pare ridotto a quello di un’agenzia di viaggi. A chi ha richiesto un aiuto economico, per esempio, è stato risposto che l’Ambasciata dispone di fondi solo per chi viene riconosciuto come “indigente”, nonostante esistano dei fondi a disposizione dei cittadini che si trovano in situazioni di difficoltà all’estero; per altri che invece hanno provato ad iscriversi sulle liste dei passeggeri dei voli organizzati da ambasciate di paesi stranieri, la risposta è stata che, a causa dei pochissimi posti liberi (a volte non più di due), potranno usufruire di questa misura di rimpatrio solo coloro che presenteranno la documentazione che certifichi un motivo di “assoluta necessità ed urgenza”. Ma esistono situazioni difficili, estreme e drammatiche; tutti noi viviamo situazioni difficili, estreme e drammatiche e pertanto, pur comprendendo le difficoltà che la gestione di una crisi eccezionale come quella che stiamo vivendo comporta, esattamente perché eccezionale, consideriamo che si dovrebbe prevedere un’attenzione maggiore alle necessità, bisogni, urgenze, difficoltà nelle quali molti concittadini si stanno trovando”.

    “Perché l’Italia non sta utilizzando i fondi messi a disposizione dalla Comunità Europea mediante il meccanismo EUCPM, come invece stanno facendo molti altri paesi?”, si chiedono gli italiani. “Come si deve interpretare che: “L’Ambasciata sta operando secondo le istruzioni che il MAECI invia e ribadisce costantemente, secondo le quali lo strumento da utilizzare per il rientro in Europa dei connazionali qui temporaneamente presenti è il meccanismo comunitario EUCPM, attraverso i voli organizzati in tale regime dalle Ambasciate UE”? Forse che da parte del Governo italiano non verrà organizzato nessun volo di rientro e si continuerà a sperare sulla generosità degli altri paesi membri che, dando la priorità ai propri concittadini, concedono un numero limitatissimo di posti a noi italiani? Necessità, urgenza, indigenza: cosa dobbiamo diventare per poter avere quello che di diritto ci spetta? Pur non conoscendoci personalmente, ma comunicando solamente via chat, tra di noi esiste una relazione, basata sulla solidarietà, il rispetto, l’empatia, l’attenzione, il sostegno, la comprensione, e non su una scala di valori che, soprattutto in questo momento di gravissima crisi, pare invece mettere in primo piano il denaro, l’interesse, il profitto. Tra di noi esiste l’accordo di dare la precedenza sui voli disponibili, a chi si trova nelle condizioni più disagiate: madri con bambini, famiglie, persone anziane, anche se sappiamo che in questo modo, diminuiscono le possibilità di sopravvivenza di coloro che restano. Speriamo infine che nessuno di noi si ammali durante questa permanenza forzata e prolungata in Bolivia, dovuta al disinteresse che fino ad ora le Autorità italiane ed i loro delegati hanno dimostrato verso le nostre richieste perché, qualora si verificasse un problema sanitario dovuto al coronavirus, la ricerca di responsabilità sarebbe necessaria. Richiediamo pertanto che ci venga messo a loro disposizione un volo diretto in Italia per il rientro, nelle condizioni di sicurezza ed in tempi brevi: smettetela di farci sentire dei “desaparecidos” in terra straniera”.

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