Il Comitato per la pianificazione abitativa di Gerusalemme ha annunciato di aver rimandato il voto per autorizzare la costruzione di quasi 500 nuove case negli insediamenti ebraici di Gerusalemme est, territorio palestinese occupato.
La decisione è stata apparentemente presa in seguito a una richiesta arrivata direttamente dall’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu.
In precedenza, il comitato aveva affermato di voler procedere con la votazione, nonostante venerdì 23 dicembre una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu avesse condannato gli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati.
La risoluzione era stata adottata con 14 voti favorevoli e l’astensione degli Stati Uniti che, per la prima volta, non hanno utilizzato lo strumento del veto per proteggere Israele da mozioni di denuncia.
Israele, infatti, ha costruito circa 140 insediamenti, che ospitano oltre mezzo milione di coloni, sin dall’occupazione dei territori palestinesi della Cisgiordania e di Gerusalemme est nel 1967.
Benché tali insediamenti siano illegali e costituiscono una violazione del diritto internazionale, il primo ministro israeliano ha reagito con estremo disappunto, dichiarando di non tenere in nessuna considerazione la risoluzione, convocando i rappresentanti diplomatici dei paesi che l’hanno votata e attaccando duramente l’amministrazione Obama.
La questione degli insediamenti a Gerusalemme est è particolarmente sensibile perché Israele ritiene la città la sua capitale eterna, ma anche per i palestinesi la città sacra delle tre religioni monoteistiche dovrà essere la capitale del futuro stato della Palestina.
Questo in effetti è uno dei nodi cruciali per il processo di pace in Medio Oriente e il raggiungimento della soluzione dei due stati.
Posporre il voto sui nuovi insediamenti, dunque, arriva a smorzare i toni infuocati dei giorni scorsi, probabilmente in previsione di un intervento del segretario di Stato americano.
Proprio oggi mercoledì 28 dicembre, John Kerry esporrà la sua visione in merito al conflitto israelo-palestinese e affronterà le critiche mosse dal governo israeliano all’amministrazione Obama.
Intanto, il presidente dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, ha accolto la risoluzione che tanta rabbia ha provocato in Israele dicendo che essa spianerà la strada alla conferenza di pace che si svolgerà in Francia il 15 gennaio 2017: “Speriamo che questa conferenza proponga un meccanismo e una tempistica per mettere fine all’occupazione”.
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