Altri due ostaggi sequestrati il 7 ottobre scorso durante gli attentati di Hamas e dalla Jihad Islamica in Israele e da allora trattenuti contro la propria volontà nella Striscia di Gaza sono stati dichiarati morti. La conferma, basta su nuove informazioni di intelligence, è arrivata oggi dalle forze armate israeliane (Idf), secondo cui il 75enne Alex Danzig e il 35enne Yagev Buchshtav sono deceduti “diversi mesi fa” a Khan Younis, nel sud del territorio costiero palestinese, dove operavano le truppe dello Stato ebraico.
L’esercito di Israele non ha fornito ulteriori dettagli sulle circostanze della loro morte, affermando che un’indagine è ancora in corso. Esiste anche la possibilità che uno solo o entrambi siano rimasti uccisi da fuoco amico.
“Oggi, i rappresentanti dell’Idf hanno informato le famiglie di Alex Danzig e Yagev Buchshtav, entrambi brutalmente rapiti nella Striscia di Gaza, che non sono più vivi e che i loro corpi sono detenuti dall’organizzazione terroristica Hamas”, si legge in una nota diramata dai militari israeliani. “La decisione di confermare la loro morte si è basata su informazioni di intelligence ed è stata approvata da un comitato di esperti del Ministero della Salute in collaborazione con il Ministero dei Servizi Religiosi e la Polizia israeliana. Le circostanze della loro morte durante la prigionia di Hamas sono all’esame di tutte le autorità competenti”.
Ad oggi, l’esercito di Israele ha ora confermato la morte di 44 dei 116 ostaggi ancora nelle mani dei gruppi terroristici palestinesi della Striscia dal 7 ottobre scorso, quando 251 persone furono sequestrate durante gli attentati.
Già a marzo Hamas aveva annunciato la morte di Yagev Buchshtav “per mancanza di cibo e medicine”, mentre aveva denunciato il decesso di Alex Danzig come causato dal fuoco israeliano, affermazioni non sono confermate dall’Idf.
“Yagev e Alex sono stati presi vivi e avrebbero dovuto tornare vivi dalle loro famiglie e nel loro Paese”, ha commentato l’Hostages Families Forum, secondo cui la notizia della morte dei due ostaggi non fa altro che aumentare l’urgenza di raggiungere un accordo che consenta di riportare a casa tutti gli altri rapiti. ”La loro morte in prigionia è un tragico riflesso delle conseguenze del temporeggiamento nei negoziati. Ribadiamo la nostra richiesta al governo israeliano e al suo leader (il premier Benjamin Netanyahu, ndr): approvate immediatamente l’accordo e riportate indietro tutti i 120 ostaggi, i vivi per ricevere le cure e gli assassinati per una degna sepoltura nella loro patria. Il tempo continua a scadere per gli ostaggi con ogni settimana che passa”.
A gennaio TPI aveva incontrato Yuval, il figlio dello storico dell’Olocausto Alex Danzig che secondo le informazioni ricevute, a 75 anni e con diverse patologie cardiache e renali, è rimasto sotto sequestro per almeno cinque mesi prima di morire in prigionia.
L’ultima volta che la famiglia di Danzig aveva avuto sue notizie risaliva a 50 o 60 giorni prima. L’ultimo contatto dell’uomo con la sua famiglia era invece avvenuto intorno alle 8:30 del mattino del 7 ottobre, durante una telefonata con il figlio Mati dalla sua casa nel kibbutz Nir Oz, a pochi chilometri dal confine con la Striscia di Gaza. Da quel giorno, non si era più saputo nulla sullo storico e attivista polacco-israeliano.
Danzig è nato in Polonia dopo la guerra – nel 1948, lo stesso anno della fondazione dello Stato di Israele – e sua sorella maggiore, Edith, è una sopravvissuta all’Olocausto. Emigrato in Israele con i suoi genitori nel 1957. Dopo aver completato il servizio militare, Danzig aveva vissuto a Nir Oz, dove coltivava arachidi e patate. Ha trascorso gli ultimi trent’anni lavorando per lo Yad Vashem.
“Oggi, siamo profondamente addolorati per la perdita del nostro caro e stimato collega, Alex Danzig. Proprio ieri, abbiamo festeggiato il 76esimo compleanno di Alex, pieni di speranza che presto sarebbe tornato tra noi, vivo e vegeto”, ha dichiarato il presidente dello Yad Vashem, Dani Dayan. “L’essenza di Alex incarnata sia nello spirito che nella sostanza, il suo amore per la terra e la sete di conoscenza e la sua vasta biblioteca nella sua casa nel Kibbutz Nir Oz riflettevano il suo profondo legame tra la sua amata identità israeliana ed ebraica e il suo luogo di nascita in Polonia. Alex ha integrato con successo queste prospettive nel suo insegnamento degli eventi della Seconda guerra mondiale in generale e dell’Olocausto in particolare. La notizia della sua tragica morte rafforza il nostro impegno per garantire che l’eredità di Alex e le storie che ha preservato con passione non vengano mai dimenticate”, ha aggiunto.
Danzig era stato riconosciuto in Polonia per il suo lavoro pionieristico e aveva ricevuto la Croce d’argento al merito dall’allora presidente polacco Lech Kaczynski, nonché un premio dal ministero dell’Istruzione di Varsavia.
L’Istituto polacco di Tel Aviv, collegato al ministero degli Esteri polacco, così come il Museo di Auschwitz e lo Yad Vashem, aveva aderito a una campagna per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla sua difficile situazione e per aiutarlo a tornare a casa.
Dopo il suo rapimento, a Varsavia erano comparsi alcuni murales con l’hashtag “StandWithAlex” e il 16 ottobre si era tenuta una veglia per lui e per altri ostaggi in piazza Grzybowski, dove è stata letta una lettera scritta da suo figlio Mati.
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