Da Sderot al deserto del Negev
Oggi siamo partiti da Gerusalemme e andati a Sderot, a sud di Israele, bersaglio dei missili kassam, che hanno colpito la città almeno 12mila volta negli ultimi 18 anni, quasi 1000 all’anno.
Questi missili costituiscono quasi la metà degli attacchi che ha subito Israele dal 2001 da parte di Gaza, e Sderot è diventata una città fantasma con pochissime migliaia di abitanti.
Qui i bambini non possono vivere una vita tranquilla, e quando vedono i palloncini chiamano la polizia. Il rosso per loro è un colore negativo, perché ai palloncini vengono associati gli attacchi, le bombe, i missili.
Da Sderot siamo andati a Kerem Shalom, uno dei punti dove Israele, Gaza ed Egitto s’incontrano, il crocevia di tutto quello che entra e esce da Gaza, dove tutto viene scrupolosamente controllato.
Il tutto nello scenario di un Paese che non riesce a darsi un governo. Dopo l’elezione di Binyamin Gantz, vincitore delle elezioni di settembre scorso con il 25 per cento di preferenze, il leader del partito “Blue and White” non è riuscito a formare un governo, e la legge prevede che in questi casi spetti a qualunque dei 120 parlamentari formare una coalizione, altrimenti è necessario tornare al voto.
Anche il tentativo di accordo tra Gantz e l’ex premier Benjamin Netanyahu per alternarsi nella coalizione di governo è fallito.
Sono diversi i problemi a cui un nuovo esecutivo deve dare risposta: la situazione in Cisgiordiana, quella a Ghaza, la gestione delle minoranze nel Paese e un tasso di disoccupazione che ultimamente ha fatto molto discutere.
Intanto nel deserto del Negev israeliani e palestinesi riescono a convivere lavorando insieme, a dimostrazione del fatto che l’integrazione passa anche da eguali condizioni lavorative, che il lavoro può essere un catalizzatore d’integrazione.