La Corte Suprema israeliano ha bocciato la controversa riforma della giustizia proposta dal premier Benjamin Netanyahu. La proposta di legge era vista negativamente da una parte consistente dell’opinione pubblica e da molti osservatori, e aveva innescato grandi proteste di piazza passate in secondo piano dopo gli attacchi terroristici del 7 ottobre e l’inizio della guerra a Gaza.
Nello specifico, la Corte Suprema ha cancellato la cosiddetta “clausola di ragionevolezza”, ovvero l’articolo che avrebbe tolto alla giustizia il potere di pronunciarsi sulla “ragionevolezza” dei provvedimenti deliberati dal governo e dalla Knesset.
La riforma della giustizia era uno dei punti di maggior rilievo del programma del governo di Netanyahu, insediatosi alla fine del 2022. Tale riforma avrebbe ridotto molti dei poteri della Corte Suprema e dato al governo maggiori poteri nella nomina dei suoi giudici. Nell’ottica del governo la misura avrebbe riequilibrato le istituzioni, ma per gli oppositori avrebbe invece cancellato contrappesi tra l’esecutivo e il potere giudiziario, la cui indipendenza sarebbe risultata ridotta.
La decisione della Corte suprema si abbatte come una tegola sul governo di Netanyahu, già in forte calo nei sondaggi non solo per la riforma, ma anche per la conduzione della guerra a Gaza, con molti israeliani preoccupati per la mancata prevenzione degli attacchi del 7 ottobre e per le incognite sulla sorte degli ostaggi nelle mani di Hamas, dopo l’interruzione delle trattative per la loro liberazione con il gruppo terrorista.
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