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    Ecco perché l’Isis è l’unico a trarre veramente vantaggio dalla strage di Monaco

    Il commento di Olimpia Troili all'indomani della strage di Monaco, in Germania, per mano di un 18enne disturbato e con l'ossessione per le sparatorie di massa

    Di Olimpia Troili
    Pubblicato il 23 Lug. 2016 alle 13:19 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:14

    Questa è Monaco. Tale e quale a Parigi, Bruxelles, Roma e Londra. Nell’insondabile destino delle nostre città è scritto ormai che nessuno è più al sicuro.

    Ieri è toccato all’Olympia-Einkaufszentrum, dove si è consumata l’ennesima strage che ha lasciato a terra almeno 10 vittime. Prima era toccato alla stazione della metropolitana di Maaelbeek o al lungomare di Nizza, prima ancora alla sede di Charlie Hebdo o al Bataclan.

    E domani potrebbe toccare alla stazione Termini o a Piazza Cordusio, scongiuri permettendo. Ogni non-luogo è un potenziale teatro per nuovi attacchi, che si tratti di snodi infrastrutturali, mezzi di trasporto, piazze o momenti di festa. 

    Non si tratta di allarmismo. A dire il vero l’allarme dovrebbe essere scattato già da un pezzo. Il proselitismo che il sedicente Stato Islamico è capace di esercitare all’interno delle nostre comunità è la minaccia più grande che ci troviamo ad affrontare.

    Proselitismo anche nella forma, che potrebbe sembrare più innocua, di incoraggiare subdolamente i cosiddetti cani sciolti, o lupi solitari, a compiere violenze sotto la propria bandiera.

    Nella forma di aver reso la violenza parte della nostra quotidianità e quindi resa accettabile come più “normale”. In quella di aver in qualche modo introdotto l’idea che le proprie rivendicazioni individuali e le frustrazioni personali possano essere lavate via con una scarica di grilletto da premere in faccia a degli sconosciuti.

    Come l’attentatore di ieri, un ragazzo tedesco di 18 anni di origine iraniana che – tra il dialogo confuso e le grida – conferma una delle nostre più grandi paure: “Si, sono nato qui. Io sono tedesco”. 

    Dopo aver compiuto l’attacco, si è suicidato.

    È stato capace, però, di paralizzare per diverse ore una città importante come Monaco di Baviera in Germania, cuore dell’Europa. Capace, solo e disturbato, di mettere in imbarazzo la polizia e, probabilmente, anche il governo tedesco. 

    Che ci sia dietro l’Isis o meno, e ormai è assodato che non c’è, è ancora una volta lo Stato Islamico a uscirne vincitore, poiché il suo messaggio di paura e allarmismo si diffonde anche attraverso l’azione di un uomo qualunque in un giorno qualsiasi.

    Se non comprendiamo però che la forza di trazione di queste idee si innesta nel contesto del più ampio scontro di civiltà che si sta consumando, come aveva profetizzato Samuel P. Huntington, non saremo coscienti della portata del problema. 

    Facili soluzioni non esistono. Non servirebbe chiudere i confini e alzare muri, non annullerebbero il rischio nemmeno controlli mirati ed espulsioni preventive. Dobbiamo accettare di vivere in una società del rischio. Ulrich Beck ci aveva avvertiti.

    Israele non è mai stata così vicina. 

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