Dopo attentati come quello nel cuore di Londra, in cui l’inglese Khalid Masood, noto alla polizia per piccoli reati ma non per inclinazioni terroristiche, ha ucciso tre persone e ne ha ferite 40 a pochi metri dal parlamento, una certa dose di retorica è non solo inevitabile, considerata la concitazione del momento, ma anche auspicabile: solleva gli animi, compensa il dolore, compatta le reazioni. Tutto bene, a patto di non crederci troppo.
Masood non ha dato l’assalto al parlamento, perché un parlamento non si assalta con un paio di coltelli. E allo stesso modo non è in corso alcun attacco all’Europa (per non dire all’Occidente), perché la guerra di civiltà non si fa con quattro squilibrati votati al suicidio. Ricordiamo sempre, a scanso di equivoci, quanto detto nel rapporto Europol del 2016: il 35 per cento dei lupi solitari che hanno colpito in paesi occidentali tra il 2000 e il 2015 soffriva di disturbi mentali.
“E sebbene il sedicente Stato islamico abbia rivendicato la responsabilità degli ultimi attacchi”, concludeva il rapporto, “nessuno di essi sembra essere stato sostenuto logisticamente o eseguito direttamente dall’Isis”.
Ci sono molti attacchi in Occidente ma non c’è un attacco all’Occidente, perché gli sponsor del radicalismo islamico in generale, e dei miliziani dell’Isis in particolare, sono paesi come Arabia Saudita, Qatar, Kuwait, che sono nostri fedeli alleati, partner d’affari e compagni di giochi.
Non disturba nessuno, infatti, che il Qatar dove domenica si correrà il Gran premio di MotoGp sia uno dei due paesi (l’altro è appunto l’Arabia Saudita) che Hillary Clinton, in una mail del 2015 inviata a John Podesta, vecchio collaboratore dei Clinton (fu capo della staff di Bill alla Casa Bianca) e capo della campagna elettorale di Hillary, indicava come finanziatori e sostenitori dei terroristi, in questo modo: “…Dobbiamo tornare ai nostri piani per fornire equipaggiamenti all’Esercito libero siriano e ad altri gruppi di ribelli moderati…e mentre questa operazione militare procede dobbiamo usare i nostri strumenti diplomatici e quelli tradizionali di intelligence per premere sui governi di Arabia Saudita e Qatar che continuano a fornire aiuti finanziari e logistici clandestini all’Isis e ad altri gruppi radicali sunniti”.
Perché queste petromonarchie dovrebbero attaccare i loro amici, cioè noi, e quei paradisi europei e americani dove hanno investito tanti dei loro profitti? Non è evidente che, se solo avessero voluto farlo, i 5mila foreign fighters europei accertati non sarebbero andati in Siria o in Iraq ad ammazzare e farsi ammazzare ma sarebbero rimasti ad ammazzare qui, nei loro-nostri paesi?
Però, come sappiamo, ci sono molti attacchi in Occidente. Nel Regno Unito, fanno sapere gli inquirenti, altri 12 attentati sono sventati prima che Khalid Masood riuscisse a colpire. Questo accade soprattutto per due ragioni.
In Europa vivono ormai 60 milioni di musulmani (pari al 7,5 per cento della popolazione totale) che, insieme ai convertiti all’Islam, formano ormai un bacino sufficientemente ampio per offrire al terrorismo manipoli di fanatici o squilibrati da trasformare in militanti. È qui che lavora l’intelligence, soprattutto quando si tratta di esplorare la galassia dei predicatori radicali e dei centri religiosi e para-religiosi dove si annidano gli amici e i complici dei lupi, che solitari fino in fondo non sono quasi mai.
La seconda ragione è il Califfato e il mito della sua invincibilità. Per quanto cerchino di convincerci, è chiaro ed evidente che il sedicente Stato islamico non è sull’orlo della disfatta e meno ancora della scomparsa. Cede terreno ma si batte per ogni palmo di terreno. Fa strage di civili e dei gruppi non allineati. Ma soprattutto esiste da ormai quasi tre anni a dispetto delle forze enormi che dicono di combatterlo.
Da un lato, una coalizione di 67 paesi guidata dagli Stati Uniti (la superpotenza globale) e dall’Arabia Saudita, che è il secondo compratore di armi (dopo l’India) del mondo. Dall’altro Russia, Iran e l’Hezbollah libanese, ai quali in tempi recenti si è aggiunta pure la Turchia. Ci volle molto meno per eliminare Hitler, per non parlare di Slobodan Milosevic e Saddam Hussein.
Al Baghdadi, invece, è ancor lì. La sua capitale Raqqa anche. La Mosul occupata, la Deir Ezzor assediata pure. È questo il vero carburante dei lupi solitari. È l’ideale della pseudo-Sparta islamica del deserto a spingerli, non l’odio per l’Occidente.
Ed è quell’ideale che avremmo dovuto spazzar via da tempo, invece di coltivare i tatticismi politici che hanno devastato il Medio Oriente e le menti malate degli assassini come Khalid Masood.