L’Isis ha giustiziato in Siria oltre 4mila persone in un arco temporale di due anni. Il bilancio di sangue è stato calcolato dall’Osservatorio siriano per i diritti umani.
Dal momento dell’auto-proclamazione del Califfato nel giugno del 2014, l’Isis ha abituato l’occidente a una violenza inaudita, con decapitazioni, lapidazioni, fucilazioni e altri brutali metodi di esecuzione, come quello di gettare i prigionieri dai palazzi o bruciarli vivi.
I capi di accusa al termine di processi sommari, dove l’unica legge è l’ideologia oscurantista del Califfato, vanno dai crimini di guerra all’apostasia, fino alla sodomia. Nessuno è escluso: sono state uccise donne e bambini.
Nella sola giornata del 29 marzo 2016 l’Osservatorio siriano per i diritti umani ha registrato 80 esecuzioni nel territorio controllato dall’Isis: 37 civili, tra cui un bambino, suddivisi in 24 disertori del gruppo estremista jihadista e soldati dell’esercito regolare siriano oltre che ribelli dell’opposizione.
Alcune settimane fa alcuni prigionieri sono stati crocifissi nella capitale Raqqa.
La maggior parte delle esecuzioni avviene in pubblico e spesso è filmata per essere diffusa nei video di propaganda. Alcuni bambini sono stati utilizzati come boia, costretti a fucilare un gruppo di prigionieri.
Lo scopo di questa inaudita brutalità, secondo gli esperti, è di terrorizzare i nemici e l’occidente, oltre a reprimere qualsiasi forma di ribellione all’interno dei loro territori.
Metà delle vittime, infatti, sono civili: circa 2.230 persone. Più di 1.100 sono soldati di Assad. Almeno 300 sono i morti tra i gruppi di ribelli siriani, inclusi i miliziani di al-Nusra, affiliato ad al Qaeda.
Circa 400 sono invece miliziani dell’Isis, in particolare tra i foreign fighters, fermati mentre stavano per scappare dalla Siria e poi giustiziati.
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