Tra maggio e giugno 2018 in Irlanda si terrà un referendum sull’aborto. Gli elettori saranno chiamati a decidere sull’abrogazione dell’ottavo emendamento della Costituzione, per il quale il feto è cittadino irlandese ancor prima di nascere e gode degli stessi diritti della madre.
L’annuncio è stato fatto da Leo Varadkar, primo ministro della Repubblica d’Irlanda. Secondo la legge vigente, una donna accusata di aver avuto un aborto illegale in Irlanda rischia fino a 14 anni di prigione.
Le donne che abortiscono fuori dal paese, invece, non vanno incontro a rischi penali. Per questo motivo sono in migliaia ogni anno a uscire fuori dai confini irlandesi per interrompere gravidanze.
I dati ufficiali del Dipartimento della salute del Regno Unito riferiscono di poco più di 165mila donne irlandesi arrivate tra il 1980 e il 2015 a Londra per poter abortire. Solo l’anno scorso sono state più di 3mila.
Varadkar ha criticato l’emendamento introdotto da un referendum del 1983, riconoscendone l’eccessiva limitatezza. Secondo i gruppi irlandesi favorevoli all’aborto, l’atto rappresenta un appiglio per alcuni medici a non praticare aborti anche nei casi in cui il proseguimento della gravidanza mette a rischio la vita della madre, unica eccezione introdotta da una legge del 2013.
In Irlanda il tema dell’aborto è ancora causa di forti divisioni all’interno dell’opinione pubblica. L’anno scorso il parlamento irlandese ha istituito un’assemblea di cittadini per prendere in considerazione l’abolizione del divieto quasi totale attualmente in vigore.
Sempre nel 2016, una commissione delle Nazioni Unite aveva stabilito che l’Irlanda ha violato i diritti di una donna costringendola a recarsi all’estero per praticare un aborto, nonostante le fossero stati diagnosticati gravi difetti congeniti al feto. L’Onu ha definito le leggi irlandesi sull’aborto “crudeli, disumane e avvilenti”.
Il 22 maggio 2015, l’Irlanda aveva approvato con un referendum l’istituzione del matrimonio tra persone dello stesso sesso. La consultazione è stata vinta dal fronte del sì con il 62 per cento dei voti.