Iran, stadi aperti alle donne: svolta storica
Alla fine è servito: quando Sahar Khodayari aveva deciso di darsi fuoco per la condanna (di sei mesi) che rischiava solo per essere andata allo stadio ed essere donna, forse non poteva immaginare che il suo gesto avrebbe avuto tanto eco da costringere il Governo iraniano a rivedere le proprie decisioni e rimuovere un divieto che racconta perfettamente quanto sia lunga la strada della parità femminile nel Paese.
Sahar Khodayari aveva 29 anni e si era travestita da uomo per assistere alla partita della sua squadra del cuore, l’Esteghlal di Teheran allenata dall’italiano Andrea Stramaccioni, durante una partita della Champions League asiatica. Fermata dalla polizia religiosa degli ayatollah (e probabilmente tradita da una foto che aveva inviato alla sorella), la donna era stata incarcerata per tre giorni e alla sua uscita aveva saputo di dovere affrontare un processo per oltraggio al pudore. Non aveva retto, decidendo di darsi fuoco e morendo poi in seguito in ospedale per le ferite riportate.
La sua morte però ha levato molte voci di protesta, anche in Iran, da parte di alcuni giocatori molto celebri in patria (come l’ex giocatore del Bayern Monaco Ali Karimi, che aveva invitato tutti i tifosi a non andare più allo stadio, o come il capitano della nazionale, Andranik Teymourian). La Fifa si è da subito mossa per chiedere al Governo iraniano di intervenire per modificare la legislazione. Il divieto d’ingresso delle donne allo stadio, del resto, è figlio della rivoluzione islamica del 1979.
La prima partita aperta alle donne sarà il prossimo 10 ottobre quando la nazionale maschile giocherà allo stadio Azadi di Teheran contro la Cambogia per qualificarsi al Mondiale del 2022 in Qatar. Il ministro dello sport Masoud Soltanifar ha annunciato che ci saranno ingressi separati e un ingente dispiegamento di forze della polizia per evitare incidenti.
La vittoria, per ora, è solo in riferimento alle partite della nazionale ma ci si augura che questo possa essere il primo passo per un diritto totale e inclusivo. Certo, si parla di entrare allo stadio e questo è solo un pezzetto di una parità da raggiungere su fronti molto più ostici e importanti, ma la lotta di Sahar Khodayari è il primo impulso per un cammino che si prospetta lungo. Alla fine lottare è servito e come troppo spesso accade è servito un gesto tragico perché si alzasse la voce.