L’Iran aumenta di dieci volte la produzione di uranio
Il Presidente dell’Iran Hassan Rohani il 5 novembre ha annunciato alla televisione di Stato che intende riprendere la produzione dell’uranio nello stabilimento di Fordo, non lontano dalla città di Qom, nel nord del Paese. L’annuncio fa seguito alle dichiarazioni di ieri del capo dell’organizzazione per l’energia atomica di Teheran, Ali Akbar Salehi, che ha dato notizia di un aumento di circa 10 volte della produzione quotidiana di uranio, portata a 5 mila grammi.
Già lo scorso 7 luglio l’Iran aveva annunciato di voler ridurre gli obblighi previsti dall’accordo sul nucleare del 2015, aumentando il livello di arricchimento d’uranio oltre il 3,67 per cento stabilito e ha dato un ultimatum all’Europa chiedendole di potenziare lo strumento finanziario Instex per aggirare le sanzioni americane e permettere gli scambi economici con l’Iran. Oggi scadevano i termini del quarto ultimatum e l’Iran sembra avere tutte le intenzioni di mantenere fede a quanto già annunciato.
Nell’accordo di Vienna noto come JCPOA e sottoscritto nel luglio 2015 da Stati Uniti, Francia, Russia, Regno Unito e Unione Europea, l’Iran si impegnava infatti a eliminare le sue riserve di uranio a medio arricchimento, di tagliare del 98 per cento le riserve a basso arricchimento e di ridurre di due terzi le sue centrifughe a gas. Per 15 anni l’Iran avrebbe potuto arricchire l’uranio senza superare la soglia del 3,67 per cento. In cambio del rispetto di questi impegni l’Iran avrebbe dovuto ottenere la cessazione delle sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti e dall’Unione europea.
L’accordo è stato però fortemente indebolito dalla decisione di Donald Trump dell’8 maggio 2018 di ritirare gli Stati Uniti dal patto. In quell’occasione il presidente Usa annunciò anche la ripresa delle sanzioni economiche nei confronti dell’Iran, puntualmente scattate nell’agosto del 2018. L’ex presidente Barack Obama commentò a caldo questa scelta del suo successore, definendola “un grave errore”.
Da allora sono riprese le tensioni tra Iran e Stati Uniti e il presidente Rohani ha più volte dato un ultimatum all’Europa chiedendole di sviluppare strumenti finanziari per aggirare le sanzioni Usa in modo da rispettare i patti sul nucleare sottoscritti a Vienna.
Adesso l’ultimatum sembra non essere più solo un annuncio, e l’Iran sta effettivamente riprendendo ad aumentare l’arricchimento dell’uranio fino al 4,5 per cento, oltrepassando la soglia del 3,67 per cento che ne garantisce l’uso solo a scopi civili (si tenga tuttavia presente che per l’uso bellico dell’uranio nella bomba atomica si deve arrivare intorno al 90 per cento di arricchimento).
Oltre allo stabilimento di Fordo, l’Iran detiene altri tre siti per la gestione di materiale nucleare: quello di Natanz, nella provincia centrale di Ishafan, quello di Bushehr dove si trova un impianto per la produzione di energia nucleare inaugurato insieme alla Russia nel 2011, e il reattore nucleare di Teheran.
La Russia considera “preoccupanti” i piani dell’Iran di ridurre ulteriormente i suoi obblighi riguardo all’accordo sul nucleare. “Il collasso dell’accordo stesso non porterebbe nulla di buono”, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov.
Anche l’Unione europea si dice preoccupata: “Sollecitiamo l’Iran ad evitare tutte le attività che lo allontanano dall’accordo siglato e di evitare qualsiasi altra misura che minerebbe la preservazione e la piena attuazione dell’intesa”, ha detto una portavoce della Commissione europea. “L’annuncio di oggi dell’Iran, è quello di ridurre ulteriormente i suoi impegni in relazione all’accordo sul nucleare, ma come sempre attendiamo la relazione dell’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) unica entità che può veramente eseguire una verifica” ha aggiunto.
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