“Oggi avere accesso a Internet è un bisogno necessario quasi quanto quello di respirare, anche se non utilizzi i social network”. A dirlo è Raha, studentessa iraniana di 21 anni che a TPI racconta cosa significa vivere in un paese come l’Iran dove la repressione delle proteste passa anche dal blocco di Internet.
È quello che è avvenuto in seguito alla “rivolta della benzina” scoppiata il 15 novembre scorso dopo il rialzo dei prezzi del carburante deciso dal governo per osteggiare, tra le altre cose, i contraccolpi delle sanzioni reintrodotte dagli Stati Uniti di Donald Trump, che erano state eliminate nel 2015 dall’accordo sul nucleare iraniano.
Come tutte le ragazze della sua età Raha utilizza molto Internet: “Per informarmi, per chattare con i miei amici, per condividere video e foto sui social, per l’università, per studiare, per cercare indicazioni stradali e per fare acquisti online”, racconta.
In Iran la rete è stata oscurata dal governo del presidente Hassan Rouhani per evitare che i manifestanti si coordinassero tra di loro e per evitare anche che si diffondessero immagini o notizie delle proteste al di fuori del paese.
Secondo Amnesty International in dieci giorni di contestazioni sono morte 143 persone.
Dopo gli arresti avvenuti in seguito alla rivolta la connettività al web sta piano piano tornando, ma per circa una settimana gli iraniani sono rimasti senza Internet. Isolati dal resto del mondo. È stato il blocco più massiccio in 40 anni di Repubblica islamica.
Uno scenario pressoché impensabile per un europeo ma non per una cittadina iraniana come Raha: capelli corti tinti dalle tonalità più accese, azzurri fino a qualche anno fa e ora rossi, che nasconde sotto l’hijab.
Raha vive nella capitale e studia sociologia all’università di Teheran, la più importante del Paese. “In realtà non voglio più continuare questo percorso di studi”, racconta. “Dopo la laurea voglio scoprire il mondo”.
Anche se Raha ha soli 21 anni ha già viaggiato molto e anche da sola come ha fatto per Roma, Praga, Parigi, Vienna e Francoforte. È una giovane donna emancipata per gli standard del suo paese. Per raccontare i suoi viaggi e le sue giornate Raha utilizza molto i social, più di tutti Instagram dove senza volerlo conta già un bel bacino di follower, quasi 3mila.
“Per me il blocco totale di Internet da parte di un governo è da considerarsi come una violazione di diritti e libertà in chiave moderna. Internet è parte della nostra quotidianità. Oggi usare Internet è necessario quasi quanto respirare, anche se non si utilizzano i social network”.
“Lo uso perlopiù per informarmi, per chattare con i miei amici, per condividere video e foto sui social, per studiare, per l’università, per cercare indicazioni stradali, per fare acquisti online dei voli per i miei viaggi per esempio. Ci navigo dalle 2 alle 4 ore al giorno”.
“Le proteste in Iran sono iniziate venerdì 15 novembre e il blocco di Internet è iniziato il giorno dopo, sabato. Verso sera. È cominciato tutto con il blocco della connessione dati, quindi per circa un giorno abbiamo ancora utilizzato Internet connettendoci alle reti wifi”.
“No, ma in realtà è stato ovvio per noi pensare che il blocco di Internet fosse avvenuto in seguito alle proteste. Era chiaro che il governo lo avesse fatto per preservare la propria sicurezza, per tutelarsi e per prevenire la fuga di informazioni delle proteste. Quando non riuscivamo più a connetterci e quindi quando ci siamo resi conto che la rete era stata oscurata non avevamo dubbi che fosse stato fatto per via delle contestazioni”.
“Dopo tre giorni non avevamo più Internet ma ci hanno concesso l’accesso a Intranet (una rete particolare di uso interno, locale. La connessione non dà la possibilità di comunicare con l’esterno o, come in questo caso, con altre persone al di fuori dell’Iran, ndr). Quindi potevano navigare ma solo su siti nazionali utilizzando applicazioni iraniane”.
“Utilizzavo i classici messaggi di testo che non necessitano di rete ma solo di credito e facevo più chiamate, è stato il modo migliore per comunicare”.
“Internet è stato bloccato per circa una settimana. Il governo ha sempre desiderato utilizzare la rete Intranet e non quella internet che è meno controllata. Quindi questa è stata un’ottima occasione per loro. Trovare i bug e monitorare i movimenti online delle persone. Non era mai successo nulla di simile prima”.
“I primi 2 giorni che non avevamo Internet è stato ‘la morte’, non potevano fare quasi nulla. Dopodiché abbiamo potuto iniziare ad utilizzare alcuni siti e app e la vita a quel punto ha iniziato a diventare più agevole. In quei giorni guardavo film tutto il giorno perché non potevo nemmeno studiare, non c’era la connessione Internet per poter scaricare pdf, testi ed essays dell’università”.
“Da quel che mi risulta a Teheran dove io vivo le proteste non sono state così violente come in altre città dove invece sono stati incendiati negozi e banche. I disordini più importanti sono avvenuti a Shiraz, Isfahan, Tabriz. Le proteste sono state più radicali nelle piccole città intorno a Teheran piuttosto che a Teheran stessa. La mia vita non è cambiata molto per via delle proteste tranne che per la prima notte, sabato. Non c’erano taxi per tornare casa e tutte le strade erano bloccate dalle auto”.
“Sì, oggi possiamo connetterci a Internet ma solo tramite wifi, non con la connessione dati”.
“Commenti? In passato il governo aveva annunciato che avrebbero messo un filtro su Facebook, Twitter, Telegram ma alla fine non è mai stato fatto. La gente non credeva che alla fine lo avrebbero messo in atto con Internet”.
“Finiranno con un sacco di persone che perderanno la vita e nulla cambierà”.
Raha cosa significa essere una donna in Iran? Tu che hai viaggiato molto e che hai visto e vissuto culture diverse dalla tua cosa pensi?
“Essere una donna in Iran è tra le peggiori cose che Dio possa farti. Nessuna libertà e nessun rispetto. Devi rassegnarti e accettare per sempre di essere seconda”.
Leggi anche:
Proteste in Iran, 143 morti in dieci giorni
Iran, stadi vietati alle donne: 29enne si dà fuoco in piazza a Teheran per protesta e muore