Le autorità iraniane hanno condannato la vincitrice del premio Nobel per la pace 2023, Narges Mohammadi, imprigionata dal novembre 2021, a scontare altri sei mesi di carcere con l’accusa di “disobbedienza e resistenza agli ordini”. La condanna, divulgata ieri sera dalla Free Narges Coalition, risale allo scorso 19 ottobre.
L’accusa era stata presentata dopo che, nel reparto femminile del carcere di Evin dove si trova in custodia, Narges Mohammadi aveva organizzato una protesta contro l’esecuzione di Reza Rasaei, un manifestante 34enne arrestato nel 2022 durante le contestazioni per la morte di Mahsa Amini e impiccato il 6 agosto scorso.
La 52enne deve scontare un’altra condanna a 30 mesi prigione, a cui ne sono stati aggiunti altri 15 nel gennaio scorso. Il 19 ottobre la vincitrice del premio Nobel per la pace 2023 è stata condannata a scontarne altri sei dalla seconda Sezione della Corte penale di Qods. Complessivamente Narges Mohammadi è stata condannata a 13 anni e 9 mesi di prigione, oltre a subire 154 frustate e una serie di altre sanzioni amministrative e limitazioni dei diritti politici, per varie accuse, tra cui “propaganda contro lo Stato” e “azioni contro la sicurezza nazionale”.
La famiglia e gli attivisti della Free Narges Coalition sono però preoccupati per le sue condizioni di salute. “La situazione sanitaria di Narges Mohammadi è peggiorata drasticamente durante la sua lunga detenzione”, denunciano i familiari in un comunicato. “Più di recente, all’inizio di ottobre, la famiglia ha espresso serie preoccupazioni in merito ai sistematici rifiuti da parte dei funzionari della prigione di Evin di trasferirla in ospedale per eseguire un’angiografia, come prescritto dal suo cardiologo il 19 marzo 2024”.
Oggi ben 72 tra attivisti e difensori per i diritti umani attivi in Iran hanno firmato un accorato appello per richiedere “cure mediche immediate” e “il trasferimento” di Narges Mohammadi “in ospedale, sottolineando l’urgente necessità di agire per salvaguardarne la salute e il benessere fisico”. “Narges Mohammadi soffre di gravi problemi cardiaci e necessita di un’angiografia e di uno stent. Inoltre, i dottori hanno identificato una massa sospetta nel suo seno destro che deve essere esaminata immediatamente. In queste condizioni di emergenza, il suo trasferimento in ospedale è stato posticipato tre volte da settembre e il suo trattamento è stato ostacolato da impedimenti di natura giuridica”, denunciano gli attivisti.
“Le condizioni di questa attivista internazionale per i diritti umani riflettono una più ampia crisi affrontata da decine di altri prigionieri politici e civili in Iran. Un trattamento così tragico accresce il rischio per i detenuti meno noti”, prosegue l’appello. “La vita di Narges Mohammadi non deve cadere vittima di politiche repressive”.
Il premio Nobel per la pace ha trascorso gran parte dell’ultimo decennio in carcere. La sua famiglia, residente a Parigi, ricorda di non aver più avuto alcun contatto diretto con Narges Mohammadi dallo scorso novembre, quando le autorità iraniane le hanno revocato il diritto di telefonare. Malgrado la lunga detenzione e i problemi di salute, Mohammadi ha continuato la sua lotta per i diritti umani in Iran, sostenendo in particolare le proteste scoppiate in tutto il Paese a partire dal settembre del 2022 dopo l’uccisione di Mahsa Amini.
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