Martedì 2 agosto l’Iran ha giustiziato per impiccagione un gruppo di prigionieri accusati, tra le altre cose, di aver ucciso donne e bambini tra il 2009 e il 2011.
I prigionieri, circa 20, erano tutti musulmani sunniti di etnia curda sospettati di alcuni attacchi contro le forze di sicurezza.
L’agenzia di stampa di stato iraniana ha riferito che erano stati condannati per l’uccisione di due religiosi sunniti e di membri delle forze dell’ordine, del rapimento di alcune persone, di rapina a mano armata e di aver colpito con attacchi dinamitardi nell’ovest del paese.
Le organizzazioni in difesa dei diritti umani hanno sollevato dubbi sul rispetto del diritto dei detenuti a un processo equo e accusato Teheran di aver estorto le confessioni sulle quali si sono fondate le condanne.
L’Alto commissario per i diritti umani dell’Onu Zeid Ra’ad al-Hussein ha dichiarato che le accuse vaghe e il disdegno per i diritti umani che hanno caratterizzato questi casi hanno portato a una grave ingiustizia.
L’Iran fa frequentemente uso della pena di morte e secondo Human Rights Watch ha già giustiziato 230 persone dall’inizio dell’anno, incluse persone che al momento dell’arresto erano minorenni.