Lunedì 16 maggio, le autorità iraniane hanno annunciato l’arresto di otto persone legate agli ambienti della moda, accusate di diffondere sui social network immagini e messaggi ritenuti non in linea con i precetti islamici.
Gli arresti sono parte di un’operazione più ampia iniziata nel 2014 e condotta dalla polizia iraniana addetta al controllo e alla sicurezza informatica, con l’intento di frenare la pubblicazione sui social network, in particolare su Instagram, di foto di modelle iraniane non velate.
Negli ultimi tre anni, hanno precisato le autorità, sono stati esaminati circa 300 account di Instagram e altrettanti account collegati, e sono state identificate 170 persone, tra cui 59 tra fotografi e truccatori, 58 modelli, nonché manager delle agenzie di moda e designer. Tutti accusati di aver contribuito a diffondere messaggi immorali.
Secondo il procuratore Javad Babaie, il dovere della magistratura è quello di “agire contro coloro che commettono tali crimini”. Quest’ultimo ha poi sottolineato come il 20 per cento dei social network in Iran siano influenzati dalla moda, e che il 60 per cento degli utenti iraniani seguano proprio quelle pagine.
A tal proposito, occorre ricordare che nella Repubblica islamica Facebook e Twitter sono vietati, anche se grazie all’impiego di proxy gli utenti riescono ad aggirare la censura e connettersi. Mentre Instagram è diventato più popolare perché facilmente accessibile.
Un portavoce del centro iraniano per la rilevazione e la lotta dei crimini informatici, Mostafa Alizadeh, ha detto che la “sterilizzazione del cyberspazio è una priorità. Nel 2013 abbiamo iniziato questo controllo su Facebook e poi siamo passati a Instagram”.
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— Elnaz golrokh (@Elnaz_golrokh) 13 maggio 2016