Nel Regno Unito sta facendo discutere la disavventura vissuta da Juhel Miah, un insegnante britannico di origine asiatica. Il 16 febbraio scorso, al giovane docente è stato negato l’ingresso negli Stati Uniti senza alcuna apparente motivazione.
Juhel Miah era partito dal Galles del Sud con un gruppo di studenti e altri insegnanti per una gita scolastica in programma a New York. Ma il suo viaggio è stato interrotto all’aeroporto di Reykjavik, in Islanda, per ragioni ancora tutte da chiarire.
Il giovane insegnante ha la nazionalità britannica e i suoi documenti (compreso il visto) erano perfettamente in regola. “Non appena ci siamo avvicinati al banco dei check-in, l’addetto al banco mi ha selezionato per un controllo dopo aver controllato il mio passaporto”, ha raccontato Miah.
“Mi hanno portato in una stanza riservata, mi hanno fatto spogliare e sono stato perquisito. Quindi mi hanno portato in un albergo. Lo choc è stato tale che non ho mangiato né dormito per due giorni”.
Nei giorni successi alla vicenda, la scuola gallese di Llangatwg, nel Regno Unito, dove Juhel Miah insegna da qualche anno, ha chiesto spiegazioni all’ambasciata americana a Londra, precisando che il suo dipendente non ha la doppia nazionalità ma possiede solo il passaporto britannico, parlando di “atto di discriminazione ingiustificato”.
Anche un portavoce del Foreign Office, il ministero degli Esteri britannico, ha fatto sapere di essere a conoscenza del caso e di aver provveduto a fornire assistenza al proprio concittadino.
Per il momento non è arrivata alcuna risposta da parte dell’ambasciata statunitense nel Regno Unito. Rimane un mistero il motivo per cui Juhel Miah non sia riuscito a imbarcarsi sul volo diretto a New York.
“Mi sono sentito alla stregua di un criminale”, ha raccontato il giovane insegnante che possiede un passaporto britannico, un unica nazionalità e non proviene affatto da nessuno dei paesi inseriti nella lista nera stilata da Donald Trump.
A ciò si aggiunge il fatto che il bando anti-musulmani introdotto dal presidente americano sia stato sospeso di recente da una corre d’appello statunitense. Ma tutte queste condizioni non hanno impedito ai funzionari dello scalo islandese di bloccare il suo viaggio negli Stati Uniti.
“Tutti mi guardavano. I bambini e gli altri insegnanti erano confusi e anche io non potevo credere che questo stesse accadendo realmente. Sono stato scortato fuori dal gate, non riuscivo a parlare e non avevo più la facoltà di pensare”, ha raccontato ancora Juhel al giornale locale Wales Online.
Non sono state fornite per il momento alcune ragioni soddisfacenti né dalle autorità aeroportuali islandesi, né tanto meno dall’ambasciata statunitense a Reykjavik. “A Juhel è stato perfino negato l’accesso all’edificio dell’ambasciata”, ha fatto sapere un funzionario britannico.
(Qui sotto un tweet in cui Boris Johnson chiede ufficialmente spiegazioni all’ambasciata americana sulla vicenda di Juhel Miah)
First Minister of Wales @fmwales has written to @BorisJohnson asking for him to seek explanation from US over case of teacher Juhel Miah 1/2 pic.twitter.com/Nz4L53GPoz
— Andy Davies (@adavies4) 21 febbraio 2017