Boyan Slat, un ragazzo olandese di 20 anni, ha ideato il primo sistema al mondo per ripulire gli oceani dalla plastica. L’Ocean Cleanup Array è un sistema di barriere galleggianti ancorate al fondale oceanico, che sfruttano le correnti marine per filtrare i rifiuti e raccoglierli in una piattaforma.
Il progetto sarà inaugurato nel 2016 nelle acque vicino al Giappone. L’obbiettivo è quello di ripescare almeno metà della plastica che si trova nel Great Pacific Garbage Patch, la cosiddetta discarica del Pacifico, una vasta concentrazione di rifiuti presente tra le Hawaii e la California. L’area è grande circa due volte la superficie del Texas.
“Sono sempre stato interessato alla tecnologia e lanciavo piccoli razzi sin dall’età di 12 anni”, spiega Slat, amministratore delegato dell’organizzazione ambientalista The Ocean Cleanup, in un’intervista con Al Jazeera. “Ho iniziato a studiare ingegneria aerospaziale, ma poi ho smesso per cercare di sviluppare questo progetto volto a ripulire gli oceani”.
L’idea gli venne in mente durante una vacanza in Grecia, quando facendo delle immersioni subacquee si accorse che in mare si vedeva più plastica che pesci.
I rifiuti e i piccoli frammenti di plastica si possono trovare sull’88 per cento della superficie marina, secondo uno studio dell’Università di Cadice.
A causa delle correnti oceaniche e dei vortici d’acqua, i frammenti di plastica si concentrano in alcune aree specifiche dell’oceano o vengono sospinte verso alcune isole, come quelle di Tsushima in Giappone, dove ogni anno si depositano circa 30mila metri cubi di rifiuti. È qui che sarà eseguito il primo test dell’Ocean Cleanup Array, con il supporto del governo giapponese.
Al progetto, finanziato da una campagna di raccolta fondi online, partecipano circa un centinaio di scienziati e ingegneri.
Il sistema di filtri e barriere dell’Ocean Cleanup Array, che occuperà un raggio di oltre un chilometro e mezzo, è stato progettato per raccogliere solo i rifiuti leggeri, senza alcun pericolo per la flora e la fauna oceanica. La maggior parte della plastica si trova infatti a galla e tende a non andare più a fondo di due metri.
Il sistema verrà attivato per due anni. Alcuni scienziati stanno inoltre studiando un metodo per riciclare la plastica raccolta e trasformarla in energia.
Slat è ambizioso: entro cinque anni, vorrebbe ampliare il sistema di filtri per coprire un raggio di quasi cento chilometri, in modo tale da ripescare metà della plastica della discarica del Pacifico. Secondo i calcoli del suo team di scienziati, ci vorranno almeno dieci anni.
I critici del progetto, però, dicono che difficilmente con questo metodo si riuscirà a filtrare la cosiddetta micro-plastica, composta da frammenti della dimensione di un chicco di riso.
La micro-plastica si forma quando rifiuti di plastica più grandi si lacerano in acqua o quando i micro-granuli presenti in prodotti come cosmetici e dentifrici finiscono in mare.
Si tratta dei detriti più pericolosi per l’ambiente, perché vengono inghiottiti dai pesci più piccoli, che a loro volta vengono mangiati da quelli più grandi e poi, risalendo nella catena alimentare, anche dall’uomo.
La plastica negli oceani, in numeri:
– Ogni anno circa otto milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani
– Ci sono circa cinque triliardi di frammenti di plastica negli oceani, per un peso totale di 250mila tonnellate
– Un terzo della plastica in mare si concentra nel Great Pacific Garbage Patch, la discarica del Pacifico
– Almeno un milione di uccelli marini e centomila mammiferi marini muoiono ogni anno a causa dell’inquinamento da plastica negli oceani
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