Un bambino con indosso una maschera dell’ossigeno piange disperato, mentre a pochi metri di distanza un uomo in preda a spasmi e problemi respiratori viene soccorso da alcuni infermieri.
Tutt’intorno il vociare del personale medico impegnato nel prestare cure ai feriti, nel fornire assistenza alle donne e nell’assicurare la protezione dei tanti neonati prematuri ospitati all’interno di incubatrici, tra i corridoi di uno dei pochi ospedali agibili ad Aleppo Est.
Tutto ciò viene documentato da un giornalista dell’emittente araba Al Jazeera nel corso di un collegamento. A un certo punto, il video si oscura e si avvertono delle forti esplosioni che scatenano il panico tra gli infermieri e i medici. Un raid aereo ha colpito la struttura ospedaliera che ospita il reparto di pediatria e si trova in un’area controllata dai gruppi ribelli nella parte orientale della città siriana.
Ancora una volta, il personale medico è costretto a evacuare i pazienti ricoverati e alcuni neonati nell’incubatrice. L’attacco è avvenuto nella giornata di venerdì 18 novembre ed è stato ripreso dal reporter di Al Jazeera, Amro Halabi, che stava facendo un servizio sui sopravvissuti ai precedenti bombardamenti siriani e russi nei quartieri a est di Aleppo.
Il video mostra i danni riportati all’interno della struttura, mentre la polvere avvolge ogni cosa, dai lettini ai pochi macchinari a disposizione. Nella confusione, due infermiere raggiungono l’area dell’ospedale dove sono ricoverati i bambini nell’incubatrice. Una di loro prende in braccio un neonato visibilmente denutrito e lo avvolge nella coperta, mentre la sua collega accanto stringe tra le braccia un’altra neonata.
Prima di fuggire via, una delle infermiere scoppia in un pianto disperato. La sua collega si avvicina e l’abbraccia. Un abbraccio stretto e intenso, naturale e potente. Un gesto di conforto, di sostegno e di incoraggiamento ad andare avanti nel salvare più vite possibili.
Dopo l’intenso momento catturato dalla telecamera del reporter di Al Jazeera, le infermiere si accingono a raggiungere un’ala dell’ospedale più sicura. Qui adagiano i bambini sul pavimento, uno accanto all’altro, avvolgendoli nelle coperte e proteggendoli.
Il personale ha poi confermato di aver messo in salvo tutti i pazienti ricoverati nella struttura, inclusi i bambini.
Prima dello scoppio del conflitto, la città di Aleppo era considerata il cuore pulsante del commercio in Siria, ma nel 2012 ha subito una netta divisione in due parti: i quartieri orientali sono passati sotto il controllo dei gruppi ribelli, mentre quelli a ovest sono sotto il controllo delle forze governative.
Più di 250mila civili sono ancora intrappolati nella parte orientale della città soggetta a pesanti bombardamenti da parte delle forze governative siriane.
La situazione è sempre più grave: scarseggiano le scorte alimentari e i medicinali, e solo quattro dei sette ospedali dislocati in queste zone sono ancora in funzione, secondo quanto riferito dall’organizzazione American Medical Society che supporta le strutture sanitare ad Aleppo.
Molti ospedali e cliniche che si trovano nell’area sotto assedio hanno spostato le loro operazioni sottoterra, dopo mesi di intensi bombardamenti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha reso noto che nel 2016 si sono registrati 126 attacchi contro strutture sanitarie in Siria, ma il governo russo e quello siriano hanno sempre respinto l’accusa di aver preso di mira gli ospedali.