Il presidente Trump ha ufficializzato l’uscita degli Stati Uniti dall’Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty), il trattato siglato nel 1987 tra Usa e Urss per eliminare dai propri arsenali i missili nucleari a medio raggio.
Se in termini generali l’abbandono da parte di Washington dell’Accordo è una brutta notizia per la sicurezza internazionale, lo è ancora di più per noi europei. E forse non lo abbiamo capito.
Cos’è l’Inf – Firmato nel 1987 dal presidente statunitense Ronald Reagan e dal sovietico Mikhail Gorbaciov, il Trattato è stato fondamentale nella politica di distensione della Guerra fredda: ha messo fine alla creazione dei missili a medio raggio e ha predisposto l’eliminazione sotto stretto controllo delle parti di quelli già esistenti.
I maggiori beneficiari dell’Accordo furono i paesi europei. Trattandosi di missili a medio raggio, con una gittata compresa tra i 500 e i 5500 chilometri, gli Usa si servivano delle basi militari presenti in Belgio, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi e Italia per minacciare il territorio sovietico.
L’Urss a sua volta aveva puntato il suo arsenale contro le basi statunitensi in Europa, non potendo colpire direttamente il suolo statunitense, e mettendo quindi a rischio la sicurezza dei cittadini europei.
Per evitare che il continente europeo diventasse teatro di una guerra per procura tra le due superpotenze, la Nato decise di adottare la “doppia decisione”: dispiegò nuovi missili in alcuni paesi Ue, tra cui l’Italia, e nel 1979 avviò i negoziati tra Usa e Urss per il controllo e la limitazione degli armamenti.
L’operazione, conclusasi con la distruzione dei missili a medio raggio, fu un successo diplomatico e soprattutto un sollievo per gli europei , italiani in primis.
La nuova minaccia – L’abbandono degli Usa dell’Accordo può sembrare una decisione di poco conto, ma non è così. I protagonisti sono ancora una volta Trump e Putin, ma le prime vittime di una nuova corsa agli armamenti sarebbero i cittadini europei.
Gli Usa infatti dispiegherebbero i loro missili sul territorio Ue, contro cui sarebbero invece indirizzati gli armamenti della Russia, che ha già avvertito che farà tutto ciò che è necessario “per garantire la propria sicurezza e ristabilire l’equilibrio militare”.
Per rendere ancora più chiaro il messaggio, il presidente Putin non ha perso l’occasione di specificare che “se questi missili verranno consegnati in Europa, naturalmente dovremo rispondere in modo speculare. I paesi europei che accetteranno di ospitare i missili americani devono capire che stanno mettendo il loro territorio in pericolo”.
Ma, per riprendere le parole del ministro della Difesa russo, Serghei Shoigu, non sembra che l’Europa abbia compreso appieno la pericolosità del ritiro degli Usa dal Trattato: “Ci sembra che non tutti in Europa capiscano che questa decisione avrà gravi conseguenze, prima di tutto per l’Europa stessa”.
La formalizzazione dell’uscita – Per rendere ufficiale l’abbandono del trattato, gli Usa devono inviare una notifica formale a Mosca: da quel momento la fine dell’accordo diventa ufficiale dopo sei mesi.
Non tutti credevano che il presidente americano avrebbe davvero abbandonato il Trattato, ritenendo che si trattasse di una tattica per rinegoziare l’accordo con il Cremlino e possibilmente allargarlo ad altri Stati, ma già in passato simili considerazioni si sono dimostrate errate. Bisogna però considerare che nei prossimi sei mesi ci sono ancora margini per salvare l’accordo o stipularne uno nuovo.
Nel suo discorso di ottobre, il presidente Trump ha accusato la Russia di non rispettare i termini dell’Inf e ha puntato il dito anche contro la Cina, vista dagli Usa come una minaccia alla loro sicurezza e all’egemonia internazionale.
“[Ci ritiriamo dall’accordo, ndr] A meno che la Russia non venga da noi e la Cina non venga da noi e non vengano tutti da noi e dicano: ‘Facciamoci tutti intelligenti e nessuno di noi sviluppa quelle armi’. Ma se la Russia lo sta facendo, e se la Cina lo sta facendo, e noi stiamo obbedendo all’accordo, è inaccettabile”.
L’obiettivo degli Usa – Il trattato sulle armi a medio raggio è un accordo bilaterale che vincola solo Stati Uniti e Russia, lasciando invece ai restanti governi mondiali la possibilità di sviluppare il proprio arsenale. Più volte le due superpotenze hanno chiesto che venisse esteso a livello globale, ma non hanno mai trovato il supporto della restante comunità internazionale.
L’Inf è visto come una restrizione allo sviluppo del proprio arsenale del tutto inutile da Trump, che è ormai tristemente noto per la sua vocazione ad abbandonare ogni accordo possibile siglato dalle precedenti Amministrazioni.
Anche la Russia negli anni passati aveva espresso delle rimostranze nei confronti del Trattato: a causa della sua valenza unicamente bilaterale il territorio della Federazione si trova circondato da paesi che hanno sviluppato missili a medio raggio (non sempre con capacità nucleare) e la Polonia sarebbe ben lieta di rafforzare i suoi legami militari con gli Usa.
Per Mosca, tuttavia, lo status quo sarebbe meglio dell’abbandono del Trattato, a meno che non si riesca in tempi brevi a trovare un nuovo accordo che favorisca tutte le parti e che si estenda anche agli altri paesi. L’alternativa sembra essere un triste ritorno al passato, forse ancora più pericoloso.
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