Nello stato indiano del Kerala continuano le manifestazioni dopo che in diverse città è stato indetto uno sciopero generale in segno di protesta contro le due donne che il 2 gennaio 2019 sono entrate nel tempio indù di Sabarimala, nel sud del paese.
Nel corso delle proteste ha anche perso la vita una persona: si tratta di un militante del partito nazionalista Bjp del premier Narendra Modi, ferito dal lancio di una pietra nella città di Pandalam. Altri 15 sono rimasti feriti.
I manifestanti hanno distrutto veicoli della polizia e decine di autobus, aggredito membri delle forze di sicurezza e dei media, soprattutto donne, in tre distretti del Kerala.
I manifestanti si sono espressi con violenza contro le due donne entrate nel tempio di Sabarimala e in generale contro la decisione della Corte suprema di togliere il divieto che impediva di entrare nel luogo sacro alle fedeli in età mestruale.
Le donne che il 2 gennaio hanno fatto il loro ingresso in uno dei luoghi più sacri dell’induismo sono considerate “impure” dalla società indiana proprio perché hanno un’età in cui possono avere le mestruazioni.
Il santuario di Sabarimala è l’unico in India in cui l’accesso alle donne nella fase della pubertà è completamente vietata.
Le proteste – Le manifestazioni hanno bloccato lo stato del Kerala, nel sud del paese, e circa 400 persone si sono radunate nelle strade della capitale commerciale Kochi, ricevendo anche il sostegno del partito del premier Modi, il Bharatiya Janata Party (BJP).
Secondo quanto riportato dai media local, circa 100 persone sono state arrestate in un solo distretto dopo aver aggredito diverse donne.
La rabbia dei manifestanti si è diretta anche contro i giornalisti, oltre che contro gli agenti. I feriti sono stati in totale 15, tutti raggiunti dal lancio di pietre partite.
Secondo i manifestanti, la decisione della Corte di permettere alle donne tra i 10 e i 50 anni di accedere al Sabarimala va contro la volontà della divinità del tempio.
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