L’inferno è sceso sull’Attica orientale, alle porte di Atene: un incendio di probabile origine dolosa, partito da diversi punti e alimentato dalla temperatura torrida e dai forti venti estivi, ha sconvolto la Grecia, provocando la morte di 81 persone – secondo un bilancio provvisorio – 550 feriti, tra cui 16 bimbi in gravi condizioni, e la distruzione di oltre 1.550 abitazioni. (Leggi l’intervista a una testimone di quanto sta accandendo in Grecia).
I vigili del fuoco setacciano le case carbonizzate, in particolare nelle località di vacanze di Neos Voutsas e Mati, nei pressi di Rafina, il secondo porto della regione di Atene.
Ma come ha fatto questo incendio a provocare così tanti morti? Lo ha spiegato a una radio locale greca il professor Efthimios Lekkas, docente di dinamica tettonica e geologia applicata presso il Dipartimento di Geologia e Paleontologia dell’Università di Atene.
“Gli impatti su alloggi e infrastrutture sono devastanti, ma ciò che ci preoccupa molto non sono solo le 1.500 strutture che sono state distrutte, quanto indagare sul perché così tante persone siano morte in un così piccolo incendio, perché le dimensioni dell’incendio erano piccole. È 100 volte più piccolo dell’incendio che si è verificato a Ilia nel 2007”, ha osservato Lekkas.
“Il problema è lo sviluppo delle case. Il crimine commesso nella zona colpita riguarda il fatto che non c’erano vie di fuga, non c’erano incroci ma solo trappole. Le strade erano tanti vicoli ciechi sia sulla battigia che altrove. I residenti sono rimasti intrappolati, per questo abbiamo avuto tutte queste vittime “, ha spiegato il professore.
“Gli abitanti delle regioni sono sotto shock. Ma lo stato non dovrebbe essere scioccato. Fin dal primo momento doveva essere lì: robusto, stabile, organizzato per coordinare le cose. Invece la situazione ha messo ha nudo la disorganizzazione statale”, ha detto Lekkas.
“Centinaia di persone sono rimaste intrappolate sulla spiaggia, nessuno le ha aiutate o ha preso nota dei loro nomi. La Grecia non è in uno stato di guerra! Dovremmo avere uno stato organizzato vicino al cittadino. Ma ciò che vediamo è l’epitome dell’impotenza!
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