Il Committee for Human Rights in North Korea ha realizzato un rapporto sull’ampia rete dei cosiddetti campi di rieducazione in Corea del Nord dove sono detenuti i condannati per i reati meno gravi.
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Lo studio, basato su una serie di immagini raccolte via satellite, mostra come questi campi si trovino distribuiti su tutta la superficie del paese, dalle periferie cittadine alle località di montagna.
Le persone rinchiuse in questi luoghi – che secondo dati non ufficiali sarebbero circa 120mila – vivono in condizioni difficili ma possono sperare nel rilascio una volta scontata la pena, contrariamente a quanto accade per i dissidenti politici condannati, costretti a trascorrere il resto delle loro vite all’interno delle strutture carcerarie.
I campi, gestiti dal ministero della Sicurezza Pubblica di Pyongyang, sono un vero e proprio perno del regime di Kim Jong-un. Uno strumento efficace per mantenere la popolazione sotto la cappa della paura costante.
“Il mondo è terrorizzato dalla minaccia nucleare del regime ma per i cittadini nordcoreani, che soffrono tutti i giorni, si tratta semplicemente di vita ordinaria”, ha detto Greg Scarlatoiu, direttore esecutivo del Committee for Human Rights in North Korea.
“Credo che oggi più che mai sia importante per la comunità internazionale prestare attenzione al destino dei nordcoreani rinchiusi in questi rigidissimi gulag”, ha aggiunto Scarlatoiu.
David Hawk, un esperto del sistema penitenziario nordcoreano e autore del rapporto, ha affermato che “molte delle persone che si trovano in queste prigioni sono dentro per aver commesso crimini che in altri paesi non sono considerati tali”.
Tra queste vi sono individui colpevoli di aver guadagnato troppi soldi giocando in borsa o di aver provato a scappare dal paese.
I detenuti, vittime di terribili violenze nel corso degli interrogatori di polizia, sono costretti a svolgere lavori durissimi e in condizioni assai precarie, spesso ridotti alla fame.
Nel 2014, una commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite ha stabilito che i campi di detenzione della Corea del Nord costituiscono un crimine contro l’umanità.
Il regime ha più volte rifiutato l’ingresso di osservatori dell’Onu o della Croce Rossa all’interno di queste strutture.
Le immagini satellitari diffuse dal rapporto del Committee for Human Rights in North Korea, quindi, rappresentano una delle prime testimonianze importanti e credibili dell’esistenza di questi luoghi.