Con cinque voti a favore e quattro contrari, i giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti hanno annullato la sezione 4 del Voting Rights Act del 1965, una legge che costringeva alcuni Stati con una forte discriminazione razziale (soprattutto del sud) a ottenere il permesso da Washington prima di cambiare le leggi di voto.
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha così colpito una parte fondamentale della legge elettorale. La sezione 4 serviva a proteggere il diritto di voto degli elettori che fanno parte di una minoranza. Il Voting Rights Act aveva in origine lo scopo di fermare le pratiche come i test di alfabetizzazione o misure simili per mantenere i neri lontani dal voto in Stati con una consolidata storia di discriminazione razziale.
La Corte, in decisioni precedenti, aveva più volte confermato la legge ritenendola uno strumento efficace per salvaguardare i diritti di voto delle minoranze etniche. Ma ieri i giudici si sono divisi su linee ideologiche,con un un giudizio opposto sulle discriminazioni subite ancora oggi dalle minoranze in materia di diritto di voto.
Il Voting Rights Act del 1965 è stato uno dei risultati legislativi del movimento per i diritti civili. Al momento della sua approvazione l’affluenza dei neri alle urne si attestava infatti al 6,4 per cento in Mississippi, uno degli Stati del sud.
La sezione 4 infatti stabiliva una formula per determinare quali giurisdizioni fossero storicamente discriminatorie nei confronti degli elettori parte di minoranze. Pilastro fondamentale per proteggere il diritto di voto di tutti i cittadini dal 1965, la legge è oggi stata considerata obsoleta. Nella più recente elezione l’affluenza degli afroamericani alle urne è arrivata a superare quella dei bianchi in quattro tra gli stati originariamente interessati dalla legge.
“Il nostro Paese è cambiato. Le condizioni di discriminazione che in origine giustificavano queste misure non caratterizzano più il voto negli Stati dove si applica la legge” hanno detto i giudici, stabilendo che che è necessaria una formula aggiornata per decidere quali giurisdizioni elettorali abbiano bisogno di monitoraggio perchè si evitino leggi discriminatorie.
I critici vedono il Voting Rights Act come un’intrusione ingiustificata dal governo federale nelle leggi dei singoli stati americani. Il presidente Obama, la cui elezione come primo presidente nero della nazione è stata citata dai critici della legge come prova che questa non era più necessaria, si è detto “profondamente deluso” dalla sentenza, aggiungendo che il Voting Rights Act “ha contribuito a garantire il diritto di voto per milioni di americani”.
“La decisione odierna invalida una delle sue disposizioni fondamentali e sconvolge decenni di pratiche consolidate che consentono di assicurare il voto a tutti i cittadini, soprattutto in luoghi in cui la discriminazione è stata storicamente prevalente”, ha detto in una dichiarazione.
La sentenza avrà conseguenze pratiche immediate. I cambiamenti nelle procedure di voto che avevano richiesto preventivamente l’approvazione federale, comprese le leggi di identificazione degli elettori e le restrizioni sul voto anticipato, si potranno contestare legalmente solo dopo la loro approvazione e non prima.
Gli attivisti a favore del mantenimento della legge ritengono la misura ancora fondamentale e indicano i recenti tentativi di cambiare le leggi elettorali in alcune parti degli Stati Uniti. Da quando il Voting Rights Act è stato rinnovato sette anni fa, ben 31 proposte di modifica alle leggi elettorali sono stati bloccati da Washington. L’anno scorso, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha bloccato delle modifiche alle leggi di identificazione degli elettori negli Stati del South Carolina e del Texas. Una corte federale ha stabilito che un piano per cambiare i confini dei distretti congressuali in Texas avrebbe discriminato la grande e crescente popolazione ispanica dello Stato. La scorsa settimana, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha annullato una legge dello Stato in Arizona che avrebbe richiesto agli elettori registrati di fornire una prova di cittadinanza alle urne.
I Democratici sostengono che le leggi di voto più severe, soprattutto quelle promulgate dai dai legislatori repubblicani, sono state progettate per rendere più difficile il voto per le minoranze, prevalentemente portate a votare democratico.
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