Tahmineh è una ragazza iraniana, nata e cresciuta a Teheran. Indossa il chador nero, un velo che copre la testa e le spalle ma lascia il volto scoperto.
Porta il velo perché la sua famiglia, conservatrice e religiosa, insiste che lo indossi. Per gran parte della sua vita, il viso è stata l’unica forma di trasgressività che Tahmineh si è potuta permettere.
In pubblico, sostiene Tahmineh, non si possono scoprire i capelli nemmeno con il proprio zio o con un cugino. Molte donne vivono nella costante paura di essere additate come puttane, o quasi.
Se una ragazza ride troppo sonoramente o indossa qualcosa di rosso rischia di passare per poco seria, perché non rispettosa dei canoni tradizionali che in Iran ciascuna donna dovrebbe osservare.
Per molti uomini iraniani, la verginità è un prerequisito fondamentale per accettare una donna come moglie.
Secondo Tahmineh, nel suo quartiere è considerata un valore quasi sacro: tutte le ragazze che ancora non sono sposate, sono vergini, come lei. Ma questo non vuol dire che non abbiano mai fatto sesso.
“Ho fatto sesso anale quando avevo 21 anni. Naturalmente voglio fare sesso vero e proprio, ma fino a quando non sarò sicura che il mio ragazzo mi vorrà sposare, non posso rischiare di farlo prima del matrimonio”, ha raccontato Tahmineh alla scrittrice anglo-iraniana Ramita Navai per New Statesman.
Gli escamotage per avere una vita sessuale sono molteplici: il sesso anale è diffuso tra le coppie, per arrivare “puri” al matrimonio. Molto praticato è anche il sesso intercrurale. Molti lo chiamano la-paee, che significa infilare il pene tra le cosce strette e lubrificate del partner in modo da simulare un rapporto vaginale.
Le ragazze che hanno fatto sesso prima del matrimonio possono sottoporsi a un intervento di imenoplastica (ricostruzione dell’imene), anche se è economicamente dispendioso. Più economico invece è il “kit della verginità”, una serie di capsule riempite di liquido rosso come il sangue che, inserite all’interno della vagina durante la prima notte di nozze, si rompono sotto la pressione del pene.
La “rivoluzione sessuale” iraniana è clandestina perché considerata immorale e illegale. La Repubblica Islamica condanna il sesso in tutte le sue espressioni, compresa la masturbazione. Questa battaglia è sostenuta dalle argomentazioni di clerici e giuristi iraniani, che in tv e radio condannano i comportamenti e gli abbigliamenti licenziosi. Alcuni ragazzi e ragazze, però, hanno imparato ad aggirare questa intolleranza e a vivere la propria sessualità, non senza ostacoli.
Anche Zahra, come Tahmineh, viene da una famiglia di Teheran molto tradizionale e conservatrice. Già quando aveva 16 anni lottava contro i genitori per indossare l’hijab invece che il chador. Il passo successivo è stata l’indipendenza, cioè vivere da sola in una casa propria.
“All’inizio i miei genitori sono rimasti turbati da questa decisione”, dice Zahra, che non ha trovato facilmente una sistemazione all’inizio dal momento che i proprietari non affittavano le case a donne single o sole. Ora la situazione è un po’ cambiata e ci sono molti appartamenti in condivisone dove le ragazze vivono insieme. A differenza di Tahmineh, Zarah ha perso la verginità qualche hanno fa e ha già avuto due storie importanti.
Un altro modo più lecito per fare sesso con le prostitute lo fornisce per via indiretta l’Islam sciita, che in Iran rappresenta l’89 per cento dei musulmani. Si tratta dello sigheh (mut’a, in arabo), il matrimonio temporaneo, criticato aspramente dall’Islam sunnita.
Il sigheh consiste in un matrimonio tra uomo e donna celebrato da un mullah, anche senza la presenza di testimoni, che può durare da qualche minuto a 99 anni. L’uomo deve versare alla sposa una quantità di denaro, proprietà o gioielli, precedentemente stabilita tra i due. È legalmente e moralmente consentito sia dal governo sia dal clero e viene usato da una parte degli iraniani per non cadere nell’illegalità della prostituzione clandestina.
Ma è con internet che il governo iraniano perde la sua battaglia contro il sesso. Nonostante le autorità vietino l’accesso a determinati siti e social network come Facebook e Twitter, gli iraniani bypassano queste restrizioni attraverso la rete VPN. Chiuso un sito porno, ne riapre un altro. I video sono molto scaricati e condivisi sia attraverso internet, sia tramite bluetooth su cellulari e smartphone.
Non sono però mancati interventi drastici della Fata, la polizia informatica iraniana: è il caso di Saeed Malekpour, un programmatore condannato a morte per essere stato accusato di aver creato e gestito alcuni siti porno. Nel 2012 Malekpour è stato graziato perché, ha riferito il suo legale, “si è pentito delle sue azioni”.
Nonostante internet abbia dato più respiro alla libertà sessuale dei ragazzi iraniani, i problemi restano sia dal punto di vista sociale sia politico. Perché fare sesso prima del matrimonio in Iran può essere visto anche come un atto politico, rivoluzionario.
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