Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Esteri
  • Home » Esteri

    Il rallentamento dell’economia palestinese

    Un rapporto della Banca Mondiale afferma che le politiche israeliane stanno danneggiando la crescita economica palestinese

    Di Michele Teodori
    Pubblicato il 13 Mar. 2013 alle 05:12 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 09:05

    Secondo la Banca Mondiale la rete israeliana di posti di blocco limita il movimento di lavoratori e merci nella Cisgiordania occupata, provocando danni a lungo termine sulla capacità dell’economia palestinese di competere nel mercato globale.

    Il rapporto pubblicato ieri in vista di un forum dei donatori per l’Autorità palestinese a Bruxelles avverte del continuo deterioramento dell’economia palestinese, che avrà conseguenze durature e costose anche per la coesione sociale.

    Le politiche israeliane, assieme a una diminuzione dei finanziamenti internazionali e alle scarse capacità di prelievo fiscale dell’Autorità Palestinese, stanno causando una contrazione del settore manifatturiero e agricolo, un tasso di disoccupazione allarmante e problemi sociali che potrebbero persistere anche in caso di un accordo di pace israelo-palestinese, ha dichiarato l’organizzazione.

    Dopo una crescita del Pil sostenuta negli ultimi anni, la Banca Mondiale ha rilevato che l’attività economica ha rallentato in modo significativo nel 2012. La quota di esportazioni per l’economia palestinese è in costante declino dal 1994, scendendo da circa il 10 per cento nel 1996 al 7 per cento nel 2011, uno dei tassi più bassi al mondo.

    Nel rapporto si legge che l’economia palestinese ha perso la sua competitività anni fa, e che questa tendenza avrà conseguenze a lungo termine. Il rafforzamento delle istituzioni ottenuto dall’Autorità Palestinese non sono sufficienti a invertire la tendenza. La crescita del prodotto interno lordo per i primi tre trimestri del 2012 è stato del 6,1 per cento – ben inferiore rispetto a una media dell’ 11 per cento nel 2010 e 2011. La crescita a Gaza è stata del 7,7 per cento, rispetto al 15 per cento in ciascuno dei due anni precedenti.

    Nonostante il declino, questi numeri sembrano positivi rispetto ad altri Stati e nel contesto della crisi globale – un dato di fatto sottolineato da rappresentanti israeliani. La relazione non riesce a spiegare l’apparente contraddizione tra i dati positivi e la revisione generale in negativo, ma afferma che la maggior parte della crescita si è basata su un aumento di attività del settore pubblico. Più a lungo l’attuale situazione restrittiva persiste, più tempo sarà necessario per ripristinare le capacità produttive.

    L’economia palestinese è vincolata strettamente a Israele attraverso infrastrutture e commercio e ha pochi altri partner commerciali esteri. Nel 2011, Israele ha ricevuto l’86 per cento delle esportazioni palestinesi e ha fornito il 73 per cento delle sue importazioni, una situazione che la Banca Mondiale definisce “atipica”. Quasi un quarto dei palestinesi a Gaza e in Cisgiordania sono disoccupati.

    L’Autorità palestinese ha accolto con favore la relazione, dicendo che l’unico modo per scongiurare la minaccia per l’economia sarebbe di garantire “la fine dell’occupazione di Israele”.

    La Banca Mondiale aveva pubblicato un rapporto simile sulle conseguenze della politica di Israele nel soffocare la crescita economica palestinese nel settembre 2012.

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version