Più di 6.000 persone sono state uccise nella guerra civile in Siria soltanto a marzo, il mese più sanguinoso dopo due anni di conflitto. Rami Abdul-Rahman, capo dell’Osservatorio siriano per i diritti umani di sede a Londra, ha detto che l’alto numero di vittime è dovuto a un aumento di bombardamenti e scontri in tutto il Paese. Le cifre potrebbero essere anche superiori, dato che entrambe le forze militari in gioco tendono a sottostimare i caduti nel loro campo.
L’Osservatorio ha detto che i morti di marzo includono 298 bambini, 291 donne, 1.486 tra combattenti ribelli e disertori dell’esercito e 1.464 soldati governativi. Il resto sono civili e combattenti non identificati. La somma delle vittime supera quelle del mese di agosto 2012, quando secondo l’Osservatorio attacchi aerei, scontri e bombardamenti uccisero più di 5.400 persone.
“Entrambe le parti nascondono le informazioni” ha detto Rahman, “ed è molto difficile ottenere cifre corrette sui deceduti perché il conteggio delle vittime può abbattere il morale”.
L’aumento delle vittime è stato probabilmente causato dall’intensificarsi di bombardamenti e attacchi aerei da parte delle forze governativo, dall’aumento di attacchi suicidi e dalla diffusione di scontri in tutto il Paese. I combattimenti continuano a imperversare nei grandi centri urbani di Aleppo a nord, attorno a Damasco e nella città centrale di Homs. Nelle ultime settimane, i ribelli con l’aiuto di un aumentato afflusso di armi e finanziamenti stranieri hanno conquistato città e basi militari nella provincia meridionale di Daraa, lungo il confine con la Giordania.
I numeri confermano la valutazione del conflitto offerta da molti osservatori: lo stallo militare sta distruggendo il tessuto sociale del Paese e chiedendo un tributo enorme ai civili in termini di vite umane. Il totale di morti nel conflitto fino alla fine di marzo ammonta secondo l’Osservatorio a 62.554, un numero ritenuto incompleto poichè la cifra reale potrebbe essere il doppio. I numeri dell’Osservatorio non sono infatti elevati come quelli forniti dalle Nazioni Unite, che il 18 febbraio, tramite la Commissione d’inchiesta sulla Siria, avevano pubblicato un rapporto di 131 pagine dicendo che le vittime del conflitto erano circa 70.000. L’Osservatorio ritiene che oltre alla sottostima di combattenti morti da entrambe le parti, manchino all’appello decine di migliaia di persone che risultano scomparse, oltre ai prigionieri detenuti dal regime e dai ribelli. Il destino di queste persone è un mistero. Inoltre, una forza di oltre 12.000 combattenti filo-governativi, nota come “Shabiha”, potrebbe essere stata annientata dai ribelli senza che ne sia stata data notizia.