Entro il 2017 Israele riceverà dalla Germania altri tre sottomarini modello Dolphin. La cifra complessiva della flotta israeliana salirà così a sei. A preoccupare non è tanto il numero, e neanche il fatto che Berlino finanzi in gran parte queste u-boats, ma piuttosto che Israele stia armando sottomarini di ultima generazione con missili da crociera a testata nucleare. Il nuovo modello del Dolphin possiede a prua dieci tubi di lancio, di cui quattro con una capacità tale da ospitare un missile da crociera marino, chiamato Popeye Turbo, in grado di trasportare una testata atomica da 200 chili. Un missile simile, che secondo i media francesi sarebbe già stato testato da Israele davanti alle coste dello Sri Lanka nel 2000, avrebbe un gittata di 1.500 chilometri e permetterebbe ai sommergibili israeliani stanziati nel Golfo persico di raggiungere obiettivi importanti in Iran, come Natanz o Teheran.
Il modello Dolphin non ha le stesse potenzialità di grandi sottomarini a propulsione nucleare, come quelli in dotazione alla marina americana, con missili balistici capaci di portare testate nucleari su distanze intercontinentali. Eppure rappresenta un deterrente nello scacchiere politico del Medio Oriente. Secondo una fonte diplomatica, Berlino ha sempre dichiarato di non sapere se i sommergibili venduti siano stati successivamente armati con testate nucleari. Ma alti funzionari del Ministero federale della Difesa, sotto protezione di anonimato, avvisano che i sottomarini sono stati pensati fin da principio per ospitare armi di quel calibro.
La questione principale era far sì “che non ci fosse alcun dibattito pubblico a riguardo, né in Israele né in Germania”, ha detto l’ex capo della marina Daniel Ajalon. E infatti, intorno ai cantieri navali di Kiel, c’è un alone di mistero. Persino ad alcuni manager della Thyssen Krupp viene vietato l’ingresso. Quando ad alcuni giornalisti è stato permesso di visitare uno di questi gioielli della flotta di Israele, i più sono rimasti delusi. Perché l’accesso ai ponti sottostanti, il 2 e il 3, è rimasto severamente vietato. Il Dolphin sembra avere all’interno un segreto che anche in Israele solo pochi prescelti conoscono.
In Germania, un’inchiesta pubblicata da Der Spiegel, getta luce su quella che è stata chiamata «Operazione Sansone», rifacendosi alla figura biblica del combattente invincibile e distruttore. Secondo gli accordi, la Germania non ha solo costruito i sommergibili, ma si è fatta carico di un terzo del costo di ogni esemplare, circa 135 milioni di euro, e ha concesso a Israele la possibilità di pagamento dilazionato per quelli in costruzione. Il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak ha dichiarato che “i tedeschi possono essere fieri di aver garantito per molti anni l’esistenza dello Stato di Israele”, facendo eco a un’altra famosa dichiarazione, quella della Cancelliera Merkel nel marzo 2008, quando disse che la sicurezza di Israele è parte della ragion di stato della Germania.
Ma a Berlino non tutti la pensano come Angela Merkel. L’ex Cancelliere Helmut Schmidt si è detto dubbioso a riguardo. “Sulla Germania pesa la responsabilità che quelle tragedie come l’Olocausto non si ripetano più. Ma Berlino non ha alcuna responsabilità verso Israele”. Persino il nuovo Presidente della Repubblica, Joachim Gauck, in un suo recente viaggio in Israele ha dichiarato che preferirebbe non doversi immaginare tutti i possibili risvolti politici che può avere una simile dichiarazione.
Nella Bundesrepublik, infatti, il tema degli armamenti in Medio Oriente resta caldo. Angela Merkel vuole mantenere un velo di mistero e non desidera che i dettagli dell’operazione diventino pubblici. Ma per la Germania la questione della “responsabilità” è innanzitutto politica. Del resto, incrementare una corsa agli armamenti in Medio Oriente potrebbe non essere conveniente dal punto di vista strategico e politico.
Berlino sta cercando quindi di sfruttare l’occasione per porre condizioni allo Stato ebraico. Per ricevere i nuovi sommergibili Israele dovrebbe frenare la sua politica sugli insediamenti nei territori palestinesi e dare il via libera a un impianto di depurazione nella striscia di Gaza, finanziato in parte dai tedeschi. Ma il governo israeliano finora non ha rispettato nessuna di queste condizioni. E la Germania sta a guardare.
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