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    “Il Covid-19 è stato creato nel laboratorio di Wuhan”: l’accusa di un’autorevole biologa sul New York Times

    Credit: Unsplash
    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 6 Giu. 2024 alle 13:41

    La pandemia di Covid-19 “probabilmente” è iniziata in un laboratorio di Wuhan, in Cina. Lo scrive in un lungo e documentato intervento pubblicato sul New York Times la scienziata Alina Chanla, biologa molecolare in due delle più autorevoli università del mondo: il Mit di Boston e Harvard.

    “Sebbene il modo in cui è iniziata la pandemia sia stato oggetto di accesi dibattiti, un volume crescente di prove suggerisce che la pandemia molto probabilmente si è verificata perché un virus è fuggito da un laboratorio di ricerca a Wuhan, in Cina. Se così fosse, sarebbe l’incidente più costoso nella storia della scienza”, afferma la scienziata, nata in Canada da genitori singaporiani.

    Chanla argomenta la sua tesi toccando cinque “punti chiave”. Il primo – scrive – riguarda il fatto che “il virus simile alla Sars che ha causato la pandemia è emerso a Wuhan, la città dove si trova il più importante laboratorio di ricerca al mondo per i virus simili alla Sars”.

    Nel 2019, si legge nell’articolo, “l’istituto di Wuhan, in collaborazione con partner statunitensi, aveva proposto di creare virus con la caratteristica distintiva della Sars‑CoV‑2”. Il partner americano indicato è uno: la EcoHealth Alliance, un’organizzazione scientifica con sede negli Stati Uniti che, dal 2002, ha ricevuto oltre 80 milioni di dollari in finanziamenti federali per la ricerca sui rischi delle malattie infettive emergenti.

    Il laboratorio cinese, ricostruisce la scienziata, “ha condotto una ricerca rischiosa che ha portato i virus a diventare più contagiosi”. Non solo “Il laboratorio di Wuhan – accusa Chanla – ha condotto questo tipo di lavoro in condizioni di bassa biosicurezza che non avrebbero potuto contenere un virus presente nell’aria contagioso come il Sars‑CoV‑2”.

    L’anno prima dell’esplosione della pandemia, continua l’articolo, il gruppo di lavoro interno al laboratorio di Wuhan  “aveva pubblicato un database che descriveva più di 22.000 campioni di fauna selvatica raccolti. Ma l’accesso esterno è stato interrotto nell’autunno del 2019 e il database non è stato condiviso con i collaboratori americani nemmeno dopo l’inizio della pandemia”.

    La biologa canadese ricorda poi che nel 2021 il sito The Intercept ha pubblicato un documento riguardante una proposta di sovvenzione risalente al 2018 per un progetto di ricerca denominato “Defuse”: si trattava di una possibile collaborazione tra EcoHealth, l’istituto di Wuhan e l’epidemiologo Ralph Baric dell’Università della Carolina del Nord “per creare virus sorprendentemente simili alla Sars‑CoV‑2”. Quel progetto “non è mai stato finanziato dagli Stati Uniti” ma l’istituto di Wuhan avrebbe potuto “portare avanti la ricerca in modo indipendente”.

    “L’ipotesi che il Covid-19 provenga da un animale del mercato del pesce di Wuhan – aggiunge la scienziata – non è supportata da prove concrete”.

    “Per più di quattro anni – accusa Chanla – una politica partigiana ha deragliato dalla ricerca della verità su una catastrofe che ha toccato tutti noi”.

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