Chi sono, e quali tesi sostengono, gli ideologi del progetto Putin
Gli ideologi di Putin potrebbero avere letto, e apprezzato, 1984, il romanzo distopico di George Orwell in cui lo scrittore britannico individua nell’Eurasia una delle tre superpotenze territoriali che si sarebbero spartite il mondo. Il blocco, composto dalla Russia e dall’Europa con l’esclusione del Regno Unito, si contrappone all’Oceania e a Estasia. E, quella che per l’autore è la prospettiva più lontana dall’utopia, scrive oggi su Repubblica il filosofo politico Roberto Esposito, torna nell’ideologia del presidente russo Vladimir Putin e dei suoi pensatori fautori di una prospettiva euroasiatica. Lo fa non come distorsione orwelliana ma in quanto preciso, e ambizioso, progetto geopolitico.
Il progetto Putin, continua Esposito, vede un suo rappresentante simbolico in Aleksandr Dugin, autore di La rivoluzione conservatrice in Russia ed Eurasia. Putin e la grande politica.
Dugin, di cui pure al Cremlino si mettono in discussione alcune teorie, negli anni Novanta è stato il fondatore, insieme allo scrittore Eduard Limonov, del Partito nazional bolscevico, oggi fuorilegge, che adottava come simbolo una bandiera nazista con la falce e il martello al posto della svastica. Allo scoppio del conflitto nel Donbass, Dugin aveva augurato il genocidio degli ucraini ed era finito osservato speciale negli Stati Uniti.
Come è stato ripercorso dall’Espresso, Dugin potrebbe avere avuto un ruolo nel caso Moscopoli che sta coinvolgendo la Lega. In una foto risalente allo scorso 17 ottobre, pubblicata dal settimanale diretto da Marco Damilano, l’uomo appare insieme a Savoini e Vannucci il giorno della visita del ministro dell’Interno Matteo Salvini a Mosca.
Alla radice della nuova ideologia filorussa, prosegue Esposito, “c’è un filone culturale, e persino filosofico, non privo di forza e suggestione. Il cui presupposto dichiarato è la spaccatura dell’Occidente e la costituzione di un blocco eurasiatico contrapposto al mondo atlantico e ai suoi valori”. Si tratta, prosegue Esposito, di “una inquietante sovrapposizione di pugno chiuso e saluto romano, di rosso e nero. Qualcosa che sembra riprodurre, a cento anni di distanza, i colori di quella ‘rivoluzione conservatrice’ cui aderirono non solo Ernst Niekisch e Ernst Junger ma anche, per qualche tempo, i capi nazisti Strasser e Goebbels”.
E, in quella che Esposito definisce una crociata anti-americana, “i nuovi ideologi del Cremlino, arabi, cinesi, indocinesi, tutt’altro che avversari, sono potenziali alleati”.
Succede, attraverso Putin e Dugin, “di recuperare la dimensione nazionalista del regime sovietico, sottraendolo alle fantasticherie internazionaliste del marxismo”, conclude Esposito.
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