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    Hong Kong, ora Pechino minaccia Londra: “Se offerta cittadinanza andrà avanti, adotteremo contromisure”

    Credits: Ansa foto
    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 3 Lug. 2020 alle 10:13 Aggiornato il 3 Lug. 2020 alle 10:15

    Dopo l’entrata in vigore del controverso provvedimento voluto da Pechino, ossia la nuova legge sulla sicurezza imposta dalla Cina, molti paesi hanno preso posizione: negli Stati Uniti la Camera ha approvato all’unanimità una legge bipartisan per dare asilo a attivisti a rischio di persecuzione politica da parte della Cina e il Regno Unito ha convocato l’ambasciatore cinese a Londra ed è pronto ad aprire i confini a milioni di cittadini della sua ex colonia.

    La mossa di Boris Johnson non è andata giù al Partito comunista cinese che ha già minacciato contromisure: “Se la Gran Bretagna farà cambiamenti unilaterali alla pratica in questione”, ha sottolineato un portavoce dell’ambasciata cinese a Londra, “violerà la sua posizione e i suoi impegni, la legge internazionale e le norme di base che guidano le relazioni internazionali. Ci opponiamo fermamente e ci riserviamo il diritto di prendere contromisure corrispondenti. Sollecitiamo la Gran Bretagna a guardare obiettivamente e in maniera equa alla legislazione sulla sicurezza nazionale a Hong Kong, a rispettare la posizione e le preoccupazioni della Cina, e astenersi dalle interferenze negli affari di Hong Kong in ogni modo”.

    Attualmente, secondo stime di Londra, sono circa 350 mila i cittadini di Hong Kong che detengono un passaporto Bno, mentre altri 2,6 milioni possono richiederlo. Alcuni degli abitanti del posto considerano allettante l’offerta del governo britannico. “Avrei le carte in regola per trovare un lavoro” dice una donna. Altri la vedono come una novità capace di indebolire il fronte delle proteste: “Dopo un anno di battaglie dovremmo restare qui al nostro posto e continuare”. La nuova legge punisce con pene fino all’ergastolo i reati di separatismo, terrorismo e attività sediziose promosse da potenze straniere, ed è stata applicata nella prima manifestazione dopo il blocco, mercoledi, finita con l’arresto di almeno 300 dimostranti. Di questi, secondo la stampa, solo 4 donne e 6 uomini sarebbero stati fermati in base alle nuove norme.

    Nella mattinata di ieri, 2 luglio, il ministero degli Esteri britannico ha convocato l’ambasciatore cinese a Londra, Liu Xioaming, per manifestargli l’insoddisfazione per la legge sulla sicurezza nazionale ad Hong Kong. Londra ha sottolineato che la legge è una “grave violazione” dell’autonomia dell’ex colonia britannica, garantita da un accordo del 1997, anno del ritorno alla Cina, e quindi una chiara e “grave violazione della dichiarazione congiunta” sottoscritta dal Regno Unito e dalla Cina.

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