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    Hong Kong: il portoghese Joseph John è il primo europeo incarcerato ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale cinese

    Immagine di repertorio. Credit: AGF
    Di Marco Nepi
    Pubblicato il 12 Apr. 2024 alle 17:57 Aggiornato il 14 Apr. 2024 alle 14:13

    Joseph John, noto anche come Wong Kin-Chung, è un cittadino portoghese che è stato condannato a cinque anni di carcere a Hong Kong ai sensi della nuova legge sulla sicurezza nazionale cinese.

    Il 41enne, che possiede la doppia cittadinanza del Portogallo e di Hong Kong, è il primo europeo a essere punito ai sensi della norma liberticida voluta da Pechino nel 2020.

    Arrestato nel 2022 dopo essere tornato in città per visitare la madre malata, l’uomo è stato accusato di aver pubblicato contenuti indipendentisti e anti-cinesi sui social media. L’11 aprile è stato condannato a cinque anni di carcere per “incitamento alla secessione”.

    Secondo la Legge sulla sicurezza nazionale approvata nel maggio del 2020 da Pechino, chiunque sostenga la separazione di Hong Kong dalla Cina commette un reato. John gestiva alcuni canali social e un sito-web registrato nel Regno Unito a nome del Hong Kong Independence Party, un movimento che promuoveva le proteste pro-democrazia del 2019.

    L’accusa ha identificato 42 post pubblicati sui social del partito considerati “secessionisti”, tra cui una serie di appelli a “Regno Unito e Stati Uniti a inviare truppe a Hong Kong” e campagne di crowdfunding per costituire una forza armata indipendente nell’ex colonia britannica, ceduta alla Cina nel 1997 e dove vige il principio “un Paese, due sistemi”.

    John è rimasto in carcere per 16 mesi finché non si è dichiarato colpevole. Più volte gli è stata negata la libertà su cauzione e non ha mai avuto accesso ai servizi del consolato del Portogallo,  visto che la Cina non riconosce la doppia cittadinanza.

    Secondo l’Hong Kong Security Bureau, dal 2020 almeno 249 persone sono state arrestate in città ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale. Almeno 10.279 invece sono state fermate per le proteste del 2019, di cui 2.955 sono state incriminate per vari reati tra cui “riunione illegale”, “sedizione”, “ostacolo alle forze dell’ordine” e “aggressione”.

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