Le truppe statali intervengono nelle Filippine per fermare l’azione dei ribelli del Fronte Nazionale Moro (Mnlf) nel sud del Paese.
In 6 villaggi della zona, i ribelli tengono in ostaggio 170 persone. L’esercito filippino arrivato sul posto ha affrontato un nuovo conflitto all’alba di questo martedì.
Per ora sono 6 le persone rimaste uccise durante lo scontro tra la marina filippina e i ribelli, avvenuto mentre le forze statali cercavano di contrastare la marcia annunciata dall’MNLF sulla città di Zamboanga City.
Il tenente colonnello Roman Zagoda ha riferito che gli ostaggi sono stati utilizzati come scudi umani da parte dei ribelli per difendersi dai colpi dell’esercito.
Il segretario generale del Fronte, Abdul Sahrin, ha accusato la fazione minoritaria interna al movimento capeggiata da Nur Mismari, ritenendola responsabile dell’attacco. Sahrin, ex leader del Fronte, era stato uno dei fautori dell’accordo di pace tra l’MNLF e il governo filippino.
Attraverso il suo portavoce Emmanuel Fontanilla, il leader Mismari dà la colpa degli scontri ai militari filippini. Secondo Mismari, il Fronte aveva come unico quello di arrivare nella città di Zamboanga City per protestare pacificamente e non avrebbe mai attaccato per primo, ma si sarebbe limitato a reagire all’intervento statale.
Dopo l’accordo del 1996, molti militanti del Fronte si erano separati dall’MNLF. Secondo loro, gli ufficiali del movimento non avevano fatto abbastanza per sviluppare una regione autonoma dedicata alla minoranza musulmana nel sud delle Filippine, Paese che invece ha una maggioranza cattolica.
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