Avi Schiffmann and Marco Burstein sono due giovani studenti di Harvard che, a pochi giorni dall’esplosione del conflitto in Ucraina, hanno dato vita a un sito per aiutare i rifugiati a trovare accoglienza in uno dei Paesi ospitanti, un portale che funziona come un “Airbnb” e mette in contatto le persone che possono ospitare profughi in casa e i rifugiati stessi. Si chiama “Ukraine take shelter” ed è già attivo nella maggior parte dei Paesi che confinano con l’Ucraina ma, fanno sapere i creatori, anche negli Stati Uniti, in Canada o in Israele molte persone hanno messo a disposizione case, strutture in disuso, camere o dormitori scolastici, e in alcuni casi anche biglietti aerei per raggiungere le abitazioni disponibili.
“Se qualcuno ha un divano libero, può supportare un rifugiato“, ha detto Schiffmann al Wasington Post. 19 anni e cresciuto nell’area di Seattle, il giovane studente ha imparato le basi del coding da piccolo, guardando video su Youtube nella sua cameretta. Si trovava a San Diego per un semestre di pausa dall’Università quando gli è venuta l’idea di creare il sito. Tornato da una manifestazione di protesta contro l’offensiva comandata dal presidente russo Vladimir Putin in Ucraina, non riusciva a dormire.
“Non potevo smettere di pensare a cosa fare per aiutare“, ha raccontato. “Volevo fare qualcosa che avesse un impatto immediato”. Non era la prima volta che Shiffman si metteva all’opera in una situazione di emergenza: due anni fa, a 17 anni , aveva sviluppato un sito per aiutare a tracciare la diffusione del Covid-19 nel mondo, che gli è valso una nomination per il Webby Person of the Years award online 2020, sponsorizzata dal virologo della Casa Bianca Anthony Fauci.
Sulla falsa riga del progetto già sviluppato nel 2020 gli è venuto in mente di creare un sito per i rifugiati ucraini in cerca di un posto in cui dormire nei Paesi in cui sono fuggiti. Così ha lanciato l’idea su Twitter e chiesto aiuto a persone che parlavano altre lingue per tradurre il sito in ucraino, russo, polacco, ceco e rumeno. Ma non poteva fare tutto da solo. Dopo aver avviato il progetto ha chiesto man forte a un suo compagno di classe, il 18enne Marco Burnstein, un mago del coding che nonostante gli impegni universitari e la lontananza fisica – si trovava in Massachusetts, a 3mila chilometri di distanza – non ha saputo tirarsi indietro.
Il 3 marzo, tre giorni, cinque ore di sonno e decine di telefonate su FaceTime dopo, il sito era pronto in 12 lingue. “Una versione molto intuitiva e veloce di Airbnb“, ha spiegato Schiffman. Nella prima settimana, oltre 4mila potenziali ospiti in tutto il mondo hanno messo a disposizione le proprie strutture, dal Latvia al Canada. E il numero, dicono i creatori, cresce ogni giorno. Il segreto sembra essere la facilità di accesso e il fatto che il portale non richieda ai rifugiati troppi passaggi burocratici per trovare casa.
“Abbiamo notato che i siti gestiti dai governi per aiutare i rifugiati erano pieni di passaggi complicati. Sottoponi la tua richiesta a una scatola nera nella speranza che qualcuno la legga e ti aiuti. Ma chi fugge da un’esplosione e dalle bombe è sotto stress e ha bisogno di qualcosa di più immediato e facile da usare”. Sul sito “Ukraine Take Shelter“, i rifugiati devono solo digitare la propria posizione per consultare le offerte di alloggio più vicine, che spuntano immediatamente sulla mappa nelle città o nei Paesi a poca distanza da loro. Si può specificare il numero di persone che hanno bisogno di un posto letto, se hanno con sé animali o se ci sono membri della famiglia con esigenze particolari.
Le persone che hanno iniziato a collaborare sono studenti, professionisti, gente comune che ha deciso di segnalare la possibilità di arrangiarsi anche su un divano pur di fare qualcosa. “Abbiamo a disposizione solo un divano, ma possiamo offrire anche cibo gratuito e tutto quello che è necessario a una famiglia, come badare ai bambini”, ha scritto una coppia di studenti di medicina in Lithuania a commento della propria offerta.
“Ho subito avuto la sensazione che con il nostro lavoro potevamo fare la differenza“, ha detto Burnstein sulla decisione di aiutare il suo compagno di classe, che lo aveva contattato per la prima volta l’estate scorsa, dopo aver visto la sua ultima creazione online: un sito che aiutava gli studenti a scoprire in quali corsi fossero iscritti i propri amici. Un esperimento simile a quello che nei primi anni 2mila, nella stessa Università, diede vita a Facebook.
Ma per Sschiffman il nuovo portale per i rifugiati ucraini è qualcosa di diverso: una testimonianza del potere della tecnologia. Secondo il creatore del sito l’aspetto più importante del progetto è il fatto che due studenti che si trovavano alle estremità opposte del Paese abbiano creato qualcosa per aiutare persone dall’altro lato del mondo. Ora i due sperano di poter comunicare con le Agenzie internazionali per mettere a disposizione il proprio sito. “Quello che sta succedendo nel mondo è davvero spaventoso. Chi è nato dopo l’11 settembre non ha mai visto niente di simile. Fino ad ora oltre 2 milioni di persone sono scappate dall’Ucraina, un numero destinato a crescere. Meritano tutti un posto sicuro in cui stare“.
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