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Sudan: l’esercito riconquista il palazzo presidenziale di Khartoum. I ribelli del Rsf: “La guerra non è finita”

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Miliziani del gruppo paramilitare ribelle Rsf in Sudan. Credit: @RsfSudan / Telegram

La guerra civile in corso dall'aprile del 2023 ha già provocato oltre 12 milioni tra sfollati e rifugiati e nessuno sa quanti morti

Di Andrea Lanzetta
Pubblicato il 21 Mar. 2025 alle 14:36

L’esercito regolare sudanese, fedele al generale Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, ha riconquistato oggi il palazzo presidenziale nel centro della capitale Khartoum, a quasi due anni dall’inizio della guerra civile e dopo una feroce battaglia con i paramilitari delle Rapid Support Forces (RSF), comandati dal loro leader Mohamed Hamdan Dagalo (conosciuto come Hemeti).

“Le nostre forze hanno completamente distrutto i combattenti e l’equipaggiamento del nemico e sequestrato grandi quantità di equipaggiamento e armi “, ha affermato un portavoce dell’esercito di al-Burhan in una dichiarazione trasmessa dalla televisione di stato sudanese. L’esercito intende ora continuare “ad avanzare su tutti i fronti finché la vittoria non sarà completa e ogni parte del nostro Paese non sarà liberata dalle milizie e dai loro sostenitori”. Tuttavia, in una nota diramata su Telegram, i paramilitari del RSF assicurano che “la battaglia non è ancora finita”, riportando un bilancio di “più di 89” morti.

Da quando, il 15 aprile di due anni fa, è scoppiata la guerra a Khartoum tra i generali Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan e Mohamed Hamdan Dagalo (conosciuto come Hemeti), la violenza ha sventrato la capitale e trasformato in un campo di battaglia mezzo Paese, il cui popolo, preso ancora una volta in ostaggio dopo 40 anni di guerre e tre decenni di dittatura, era riuscito a tornare libero nel 2019 soltanto per subire, nel giro di un anno e mezzo, l’ennesimo golpe militare (il loro). Un conflitto che, nell’indifferenza della comunità internazionale ha già provocato oltre 12 milioni tra sfollati e rifugiati e non si sa quanti morti.

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